Turchia: chi sono le ‘madri del sabato’

Dal 1995, i familiari delle persone scomparse mentre erano sotto custodia della polizia turca tengono una veglia settimanale nel centro di Istanbul. Chiedono esattamente quello che chiedevano le madri di Plaza de Mayo vari decenni prima di loro: la verità. Sapere qual è stato il destino dei ‘desaparecidos‘, dei propri cari che, da un giorno all’altro, poiché rappresentavano degli attori scomodi per il regime, sono stati prima arrestati senza un capo d’accusa valido, tenuti prigionieri illegalmente e infine assassinati e fatti sparire nella più assoluta segretezza.

L’origine del nome e lo sviluppo del movimento

I manifestanti sono chiamati ‘madri del sabato‘ poiché sono soliti radunarsi ogni sabato a mezzogiorno davanti al liceo Galatasaray in Istiklal Street, tenendo tra le mani dei garofani rossi e le foto dei loro figli, figlie, mariti, mogli, padri, fratelli ‘scomparsi’.

Come ha raccontato İrfan Bilgin in un’intervista per l’Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa, si è trattata di una manifestazione spontanea. Negli anni ’90 si era all’apice del conflitto curdo-turco, che ancora oggi imperversa, e suo fratello Kenan era scomparso sotto la custodia della polizia turca nel 1994. È stato questo il momento in cui İrfan ha deciso, insieme ad altre famiglie che avevano conosciuto una simile tragedia, di organizzare un sit-in settimanale in piazza Galatasaray per chiedere giustizia.

Allora ci dicemmo: ‘Iniziamo un sit-in settimanale qui e vediamo cosa succede’“, racconta İrfan. È così che tutto è iniziato il 27 maggio 1995. Allora c’erano solo un paio di famiglie. Senza slogan, hanno iniziato a rimanere seduti in silenzio, con in mano le foto dei loro cari scomparsi e dei garofani rossi. Non appena le proteste hanno cominciato a rafforzarsi, la polizia ha iniziato a reprimere le manifestazioni. Il sostegno popolare, tuttavia, è aumentato con l’intensificarsi della pressione delle forze di sicurezza. Nei confronti delle ‘madri del sabato’ sono allora cominciati gli attacchi di polizia e periodi di detenzione.

Pressioni e minacce: la brutalità della polizia dal 2018

Nel corso degli anni, il gruppo non ha mai rinunciato alla propria pacifica veglia di protesta. Nel 2015, le famiglie hanno avviato una campagna intitolata ‘Justice Ends Impunity‘. L’Associazione per i diritti umani (İHD) ha preparato una proposta di legge, chiedendo alle autorità turche di ratificare la Convenzione internazionale delle Nazioni Unite per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate. Ogni sabato hanno continuato a sedersi lì e chiedere giustizia davanti ad un grande cartello che dice: “Sappiamo dove sono i colpevoli. Ma dove sono le persone scomparse?“.

Anche dopo il fallito colpo di Stato del 15 luglio 2016 e la successiva proclamazione dello stato di emergenza, le ‘madri del sabato’ non hanno smesso di riunirsi. Il 25 agosto 2018, tuttavia, la settecentesima veglia è stata bandita dalla polizia. Di fatto, gli organizzatori sono stati avvicinati dalla polizia che ha ordinato loro di disperdersi poiché il raduno era stato bandito dal governatore distrettuale, che ricade sotto la giurisdizione del Ministro dell’Interno. Quando i partecipanti si sono rifiutati di andare via, la polizia ha allora disperso la folla con la forza usando gas lacrimogeni, cannoni ad acqua e proiettili di plastica, come mostra il video caricato sulla pagina YouTube di Euronews. Quarantasei persone, tra cui i parenti degli scomparsi, sono ora sotto processo per la loro partecipazione alla veglia.

La posizione del governo turco, Erdoğan e le proteste di Amnesty International

Il Ministro degli Interni turco Süleyman Soylu ha rivendicato l’azione della polizia dichiarando alla stampa la volontà del governo di porre fine a questa strumentalizzazione, di terrorismo che si presta ad essere vittima agli occhi del mondo. La reazione degli attivisti e delle organizzazioni per i diritti civili alla dichiarazione del Ministro non si è di certo fatta attendere, tra cui quella di Amnesty International. L’organizzazione non governativa ha indirizzato un appello all’attuale Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, protestando contro la decisione presa e affermando che il divieto imposto di riunirsi a piazza Galatasaray impedisce ai manifestanti di esercitare pacificamente i propri diritti alla libertà di espressione e di riunione, garantiti dal diritto nazionale e internazionale sui diritti umani.

Sembra passata un’era da quando, nel 2011, Erdoğan, allora Primo Ministro, aveva accolto le ‘madri del sabato’ nel suo ufficio durante il processo di pace curdo. Erdoğan si era mostrato più che disponibile di fronte agli attivisti che richiedevano l’istituzione di una commissione indipendente per appurare quali erano state le responsabilità della polizia negli anni ’90 in merito alle improvvise sparizioni di oppositori politici, la ratifica della Convenzione internazionale delle Nazioni Unite per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate e l’attuazione di una politica ‘anti-sparizione’.

L’appello ricorda tale incontro e che il Presidente aveva promesso il massimo impegno da parte del governo per ricostruire la verità sul caso degli scomparsi, invitandolo ad adempiere al suo compito.

La situazione attuale

Le ‘madri del sabato’ non sono più autorizzate a riunirsi in piazza dall’agosto 2018. Leggono la loro dichiarazione stampa settimanale davanti all’ufficio di İstanbul della Human Rights Association a Taksim. È opinione comune che, nonostante la revoca dello stato di emergenza in Turchia nel 2018, il governo turco abbia in realtà creato uno stato di emergenza permanente adottando leggi che limitano i diritti, uno Stato in cui la libertà di parola non è più tollerata.

Maside Ocak, sorella di Hasan Ocak, il cui corpo torturato è stato ritrovato in una tomba anonima due mesi dopo essere scomparso, ha dichiarato sempre ai microfoni di OBC Transeuropa che piazza Galatasaray rappresenta molto più di uno spazio pubblico per gli attivisti. Questo fa parte della loro memoria collettiva e che il non potersi più riunire lì rappresenta una ferita psicologica di non poco conto.

Nonostante gli abusi commessi dalla polizia e le restrizioni poste alla loro libertà di espressione, le ‘madri del sabato’ non sono disposte a chinare la testa e a rinunciare alla loro sete di giustizia finché le loro richieste non saranno soddisfatte. Se prima richiedevano di poter rivedere i loro cari, adesso si accontentano di poter ricevere i loro resti, insieme ad una verità tanto scomoda quanto necessaria per poter onorare la loro memoria, sapendo di aver fatto il possibile contro uno Stato che si è mostrato insensibile di fronte al loro dolore.

Lo scorso 25 giugno, la polizia ha impedito lo svolgimento della novecentesima pacifica veglia, arrestando il direttore della Human Rights Association, Öztürk Türkdoğan – illustre avvocato che si batte per la tutela dei diritti umani – oltre ad altri manifestanti, come puntualizza un articolo pubblicato da Amnesty International.