The French Dispatch: il giornalismo di Wes Anderson

L’11 novembre 2021 è uscito nelle sale italiane “The French Dispatch”, l’ultimo sforzo creativo del regista texano Wes Anderson. Attualmente con un incasso totale al botteghino di €1.481.889, il film è un misto tra la sarcastica commedia tipica del regista e una riflessione pensierosa sul lutto e sulla solitudine del mestiere di scrittore.

I personaggi sono tutti investiti da una cristallizzazione delle proprie emozioni, come fossero consapevoli di essere inseriti all’interno della magistrale artisticità del film. Di fatto tutti i temi e gli stili della leggera ed eterea forma di Wes Anderson vengono quindi esasperati, mettendo quasi in secondo piano la gravità delle vicende raccontate nel film.  Per quanto pomposa e costruita una riflessione del genere possa sembrare per descrivere un film fantasioso come “The French Dispatch”, basta guardare alla vicenda per comprendere una tale ambiguità.

LA TRAMA

Il film è un insieme di quattro racconti, ovvero gli articoli di quattro giornalisti del French Dispatch, supplemento settimanale del giornale americano Liberty, Kansas Evening Sun, con sede nella immaginaria cittadina francese Ennui-sur-Blasé.

Veniamo a sapere sin dall’inizio che il direttore del settimanale è Arthur Howitzer, Jr. (Bill Murray), il cui motto è “non piangere nel mio ufficio”.

Essendo morto, i giornalisti del giornale si riuniscono per redigere insieme il necrologio del direttore, ricordando così gli articoli dei quattro giornalisti. Il primo è scritto dal cronista di viaggio Herbstein Sazerac (Owen Wilson), “Cronista in bicicletta”, in cui lo scrittore descrive la vita dissoluta e caratteristica della cittadina di Ennui.

Il secondo, “Il capolavoro di cemento”, è una travagliata storia d’amore tra il pittore Moses Rosenthaler (Benicio del Toro), in prigione per omicidio, e la sua musa ispiratrice Simone, una guardia dell’istituto penitenziario. La vicenda è raccontata da J.K.L Berensen (Tilda Swinton), che descrive la difficoltà del pittore di conciliare lo sconforto della propria cattività con la produzione artistica a cui Simone lo sprona a dedicarsi.

Il terzo racconto, “Revisioni a un manifesto” di Lucinda Krementz (Francis McDormand), in cui si descrive il tumulto di una rivolta studentesca nella città di Ennui guidata dal giovane Zefirelli ( TImitheé Chalamét), raccontando l’ambiente giovanile travagliato dalle ingerenze del mondo adulto.

L’ultimo racconto è “La sala da pranzo privata del commissario di polizia”, di Roebruk Wright (Jeffrey Wright), in cui si racconta della cucina del tenente Nestcaffier, cuoco della caserma di polizia di Ennui, attraverso il rapimento del figlio del commissario.

Il film si conclude con lo sforzo comune degli scrittori di redigere il necrologio del direttore, riuniti nel suo ufficio.

UNO STILE INCONFONDIBILE

Si vede come le vicende così struggenti e complesse, dalla morte del direttore, alla follia e la depressione di un grande pittore, dalla ribellione di giovani studenti alle le vicende criminali che attorniano un commissariato di polizia, siano tutte raccontate seguendo il mantra dell’ufficio di Arthur Howitzer: “non piangere nel mio ufficio”. Forse è proprio questa la caratteristica che rende Wes Anderson un regista unico.

Il film è fantasia nella sua narrazione, è ordine nella sua regia, e la profondità di ciò che racconta è sempre posta all’interno di una dimensione quasi comica ed eterea. Insomma, la narrazione di “The French Dispatch” rende la frenesia e la violenza dei racconti, la folcloristica atmosfera della città di Ennui e la fantasiosa personalità dei personaggi e delle ambientazioni stesse quasi consapevoli di essere raccontate ordinatamente dalla camera del regista, esattamente come se la realtà delle situazioni, per questo motivo, sia in qualche modo sminuita dalla stessa arte del racconto.

Questo è il giornalismo di Wes Anderson, la tipica traccia stilistica in cui stavolta, ancora più che in “Gran Budapest Hotel” o “Il treno per Darjeeling”, il regista pone un’attenzione più esasperata e più movimentata.