“A Terni non succede mai niente”. Questa è la tipica frase che si può ascoltare, sedendosi in un qualsiasi bar di questa piccola città di provincia. Per questo motivo, quando invece succede qualcosa, balza subito agli onori della cronaca.
Succede quindi che un’ordinanza comunale, apparentemente innocua, diventa un caso nazionale, con tanto di accuse di misoginia e patriarcato.
L’ordinanza in questione riguarda il decoro urbano e nello specifico mira a ridurre il fenomeno della prostituzione. Il fine, dunque, sembra del tutto lecito.
La polemica nasce e sfugge di mano quando si legge il testo dell’ordinanza che recita: “Sia fatto divieto a chiunque: 1) di porre in essere comportamenti diretti in modo non equivoco ad offrire prestazioni sessuali a pagamento, consistenti (…) nel mantenere abbigliamento indecoroso o indecente”.
E qui si innesca un’escalation di polemiche, che partono dal territorio comunale per arrivare fino a quello nazionale.
Il sindaco leghista di Terni, Leonardo Latini, controbatte alle accuse provenienti dall’opposizione, tacciandola di sterile strumentalizzazione. Tra i più pressanti detrattori dell’ordinanza troviamo Alessandro Gentiletti, di Terni Valley, che punta il dito sul primo cittadino. Il problema evidenziato dai critici dell’ordinanza è tutto rivolto alla tutela della donna e alla sua libertà. Chi può stabilire quanto una gonna può essere corta? Chi invece può decidere quando profonda debba essere una scollatura? Questo è il modo per combattere la piaga sociale della prostituzione?