La serie tv Sex Education, che tratta i diversi incontri che attraversano la vita di un teenager al liceo, sta raccogliendo un pubblico sempre più vasto su Netflix, e sta riportando in politica il dibattito di molti temi tabù.
Il protagonista Otis, la cui madre è terapista sessuale, decide di aprire clandestinamente “la clinica del sesso”, assieme alla compagna di liceo Meeve.
I due giovani aiutano diversi studenti che, com’è tipico dell’adolescenza, hanno confusione mentale sui vari temi legati alla sessualità, denunciando indirettamente la mancanza di un’adeguata educazione sessuale scolastica.
La serie tratta diverse storie andando a toccare argomenti argomenti tabù, come relazioni omosessuali, bisessuali, lesbiche o pansessuali. Sex Education cerca di lanciare un messaggio forte e chiaro: non importa chi tu sia, in quale categoria ti identifichi, l’importante è che tu stia bene con te stesso.
Il dibattito politico
Sex Education cerca di normalizzare il tema del sesso, trattando molti temi tabù, e Netflix, per pubblicizzare la serie, ha giocato proprio su questo: ha diffuso cartelloni pubblicitari nelle stazioni metropolitane con immagini che ricordano delle vulve, accompagnate dalla frase “Se la vediamo in forme diverse è perché non ce n’è una sola. Ognuna è perfetta. Anche la tua”.
Questo ha creato molti dibattiti sulla questione, soprattutto a Milano: in campagna elettorale i candidati hanno colto l’opportunità per dire la loro sul tema.
Dopo le critiche di Barbara Mazzali, candidata sindaca di Fratelli d’Italia, è arrivata la replica dei radicali: Lorenzo Lipparini, candidato per Milano Radicale, ha risposto sostenendo che “Sex Education di Netflix fa quello che dovrebbero fare le istituzioni, ovvero informare e sensibilizzare su temi rilevanti per la salute e il benessere delle persone come la sessualità. Invece che scandalizzarsi e proporre censure è il momento di portare un normale dibattito su sesso e diritti nelle istituzioni e nella società”.
Un ulteriore commento è arrivato dall’associazione “Pro vita & famiglia”: “è indubbio come una ipersessualizzazione delle pubblicità e dei manifesti un problema lo pone, e non solo in termini di cattivo gusto, bensì concettuali: è forse un’educazione sessuale questa?”.
I cartelloni pubblicitari sono stati indubbiamente molto efficaci nel catturare l’attenzione delle persone, riuscendo così a dare visibilità alla serie, ma ha anche portato le istituzioni a riaprire il dibattito su temi tabù.