Se lavorassimo solo quattro giorni a settimana? Il modello della settimana lavorativa corta

Il tempo che l’essere umano trascorre lavorando si è ridotto nel corso dei secoli. Nell’800 era consuetudine lavorare fino a 80 ore a settimana, e il modello dei 5 giorni lavorativi fu standardizzato da Ford nel 1926. Questo ci dimostra la tendenza umana ad adattare il modello lavorativo allo stile di vita imposto dalla società. Gli studi dimostrano che le conseguenze del troppo lavoro sono negative in termini di produttività, qualità del lavoro, salari e occupazione. La tendenza si è radicata nello scenario culturale di alcune società, fino al punto che in Giappone è stato coniato il termine “karoshi” per indicare la “morte da troppo lavoro”.

LA SETTIMANA LAVORATIVA CORTA

Con la pandemia si è presa coscienza dell’importanza del tempo libero e dei rischi di stress e bornout scatenati da un workaholism fuori controllo, tanto che l’80% dei lavoratori dichiara che l’introduzione della 4 day week migliorerebbe il loro benessere.

In Scozia, il Governo ha annunciato lo stanziamento di 10 milioni di sterline per finanziare le sperimentazioni della settimana corta in aziende private, dando prova di un cambio di mentalità che per ora il Bel Paese non accenna a incoraggiare. Solo poche aziende private nel paese hanno introdotto il modello, riscontrando miglioramenti in termini di produttività e benessere.

Come funziona la settimana lavorativa corta? Il modello “100:80:100” consiste nel guadagnare il 100% dello stipendio, lavorando l’80% del tempo, mantenendo il 100% della produttività. In accordo con l’azienda e nel rispetto dei valori di flessibilità e produttività, l’orario potrebbe essere ridotto, ricavando un giorno in più libero a settimana. Questo nuovo modello etico necessita di un aiuto da parte dello Stato, che beneficerebbe di una riduzione delle spese sociali, testimoniata dalla correlazione tra diminuzione dell’orario di lavoro pro capite e aumento dell’occupazione. L’elevato costo del lavoro in Italia limita il progetto, la cui prerogativa è una considerazione maggiore delle istanze sociali che scardini il predominio delle logiche di mercato.

4 DAY WEEK GLOBAL

Il progetto nasce da un’idea del leader della Ong 4 day week global, il neozelandese Andrew Barnes, che già nel 2018 introduce la settimana corta nella sua compagnia assicurativa, sperimentando un ambiente più produttivo grazie alla motivazione dei dipendenti.

Il paese europeo che per primo ha aperto a questa possibilità nel 2015 è l’Islanda, segue la Nuova Zelanda nel 2018. Più recentemente anche Belgio, Spagna, Portogallo, Emirati Arabi e Regno Unito hanno partecipato alla sperimentazione. E l’86% delle aziende si è dichiarato favorevole al mantenimento del nuovo modello.

I VANTAGGI

Il benessere psicofisico e la riduzione di burnout e stress per i lavoratori sono statisticamente legati all’aumento di produttività delle aziende. La crescita dell’occupazione apporterebbe un incremento della presenza di talenti e una miglior brand image nel settore di mercato in cui è collocata l’impresa. Inoltre, la misura consentirebbe una diminuzione dell’impatto ambientale. Secondo i dati dell’OCSE, una riduzione del 10% delle ore comporterebbe l’abbassamento delle emissioni di gas serra del 12,1%.

Ma secondo un’indagine SWG, “in Italia siamo ancora ben lontani da queste iniziative, nonostante il 56% degli italiani vorrebbe la settimana breve”. Campanelli d’allarme da tutto il mondo presagiscono una rivoluzione della routine lavorativa. La realizzazione a livello professionale rappresenta ancora un grande obiettivo nella vita di una persona?