Caro Sebastian Vettel, direbbe un bambino scrivendo una lettera al suo idolo. Sì, perché Seb di tifosi ne ha uniti tanti. Il suo talento cristallino è emerso subito, da quando il pilota tedesco ha preso in mano, per la prima volta, il volante della BMW-Sauber. Da lì la strada sembrava in discesa, ma come ben sappiamo il destino a volte sa essere infame.
L’esordio in F1
Sin dal suo esordio infatti ha dimostrato di essere veloce, grintoso e affamato di risultati. Al suo primo GP, nel 2007 a Indianapolis, conquistò un punto con la BMW-Sauber, la stessa che Robert Kubica gli aveva affidato dopo il tremendo incidente a Montreal.
L’anno successivo, a Montreal, Kubica andò a vincere, ma questa è un’altra storia. L’impresa la fece Seb che, a Monza, sotto una pioggia battente, portò la sua Toro Rosso (scuderia faentina erede della Minardi, oggi in pista come AlphaTauri) sul gradino più alto del podio. Prima vittoria in carriera per quel ragazzino tedesco, con capelli biondi e occhi azzurri, che è rimasto per molti anni il più giovane pilota di sempre ad aver vinto nel Tempio della Velocità.
I titoli mondiali e la consacrazione
Il resto è storia: gli anni in Red Bull, dove ha raccolto il testimone di David Coulthard, gli hanno consegnato i 4 titoli mondiali consecutivi. Dal 2010 al 2013 Sebastian Vettel, complice anche un dream team guidato da Chris Horner, una vettura da favola progettata da Adrian Newey e uno scudiero come Mark Webber, è stato praticamente imbattibile. L’unico a impensierirlo è stato Fernando Alonso, con la Ferrari, che ha sfiorato il titolo mondiale ma, si sa, le strategie sono sempre state la nota dolente del Cavallino Rampante.
Proprio quel Cavallino Rampante l’ha accolto, nel 2015, come erede di Fernando Alonso. L’asturiano, reduce da un’annata disastrosa con la F14-T, si accasò in McLaren Honda e, per affiancare Kimi Raikkonen (tornato l’anno prima a Maranello), la Ferrari puntò proprio sul 4 volte campione del mondo per sperare di ripercorrere i fasti dell’era Schumacher.
L’arrivo in Ferrari
L’arrivo di Seb in Ferrari fu una grande festa per tutti i tifosi. L’allora presidente Marchionne aveva puntato su due autentici fuoriclasse, guidati da un carismatico Maurizio Arrivabene, e la vettura aveva la firma di un validissimo ingegnere italo-elvetico che risponde al nome di Mattia Binotto. Le vittorie non tardarono ad arrivare: ben 3 nella prima stagione, tutte con la firma del pilota tedesco. Ma, come ben sappiamo, tutte le storie sono destinate a finire nel bene o nel male.
Le ambizioni del Cavallino, le crescenti pressioni di tifosi e media non fecero altro che condizionare le prestazioni del fuoriclasse. Nel 2018 qualcosa si ruppe. Seb era in testa, in quella giornata piovosa al circuito di Hockenheim. Era il suo GP di casa, ma la pioggia e la troppa pressione lo portarono a urtare contro le barriere.
Le aspettative disattese e la rottura
Da lì, da quel GP di casa perso per un errore, iniziò la parabola discendente di un campione che, per quel brutto vizio tutto italiano di salire sul carro del vincitore, diventò un “bollito” agli occhi di quei tifosi occasionali che si spacciano per stampa specializzata. La squadra non lo aiutò: nel 2019 arrivò ad affiancarlo un promettente pilota monegasco, Charles Leclerc, su cui il team principal Mattia Binotto volle puntare.
La vettura c’era, i piloti pure, il team anche, ma quale fu il problema? Gli equilibri saltarono. Leclerc scalpitava: vinse in Belgio, quel tremendo weekend di Spa-Francorchamps che ci ha portato via Anthoine Hubert, e subito dopo a Monza, a casa nostra, dove la Ferrari non vinceva da 9 anni. Il weekend successivo, a Singapore, fu doppietta con Vettel davanti a Leclerc, ma il monegasco avrebbe voluto vincere il suo terzo GP di fila, sarebbe stato il terzo nella storia a vincere consecutivamente 3 gare dopo la prima vittoria.
Fu dunque così che Binotto, dovendo ricostruire gli equilibri all’interno del team, fu costretto a definire una nuova gerarchia che Seb, da galantuomo, accettò suo malgrado: Leclerc sarebbe stato il primo pilota, Vettel il gregario. In pista le cose andarono decisamente male, a partire dal finale di stagione 2019 con le Rosse che si eliminarono in un duello a Interlagos (in Brasile).
L’addio alla Ferrari e l’era Aston Martin
L’annata fallimentare del 2020, con una power unit depotenziata a causa di un “accordo segreto” tra Ferrari e FIA, non fece altro che rovinare del tutto i rapporti. Ancora prima dell’esordio, in una stagione che vide il calendario stravolto per la pandemia, Ferrari annunciò il licenziamento di Sebastian Vettel a partire dalla stagione 2021, al suo posto arrivò Carlos Sainz.
Arriviamo dunque all’epilogo, con le due stagioni al volante della Aston Martin, che di fatto ha relegato il fuoriclasse tedesco al fondo dello schieramento, dove lotta praticamente solo con Lance Stroll, suo compagno di squadra, e con la Williams di Nicholas Latifi. La notizia del ritiro, al termine della stagione in corso, era nell’aria da un po’ ma, adesso che è ufficiale, rimane un duro colpo per tutto il mondo della Formula 1.
Trovare un galantuomo come Sebastian Vettel, un pilota in cui la fiamma del talento è rimasta accesa e viva fino all’ultimo momento, non sarà per nulla facile. La motivazione, data dal fuoriclasse tedesco, è quella familiare: la necessità di trascorrere più tempo con la famiglia porterà via dal Circus un pilota straordinario, a cui tutti gli appassionati dovrebbero chiedere scusa.
E allora, caro Sebastian Vettel, scusaci se siamo stati ingrati con te, se dopo averti accolto a braccia aperte in Ferrari ti abbiamo spinto fuori dalla porta come uno scarto. Scusaci se ti abbiamo chiamato bollito, se ti abbiamo preso in giro quando ti sei girato, non ti abbiamo sostenuto e ti abbiamo trattato come una ruota di scorta. Non avremmo dovuto, non meritavi tutta questa cattiveria, ma noi l’abbiamo capito troppo tardi.