Salario minimo europeo: Italia ancora indietro

Salario minimo europeo: Italia ancora indietro

L’Organizzazione Internazionale del Lavoro afferma che il salario minimo è “la retribuzione minima che dovrebbe essere garantita ai lavoratori per una determinata quantità di lavoro”. Si tratta di una misura utilizzata da molti paesi, europei e non, utile a garantire la crescita salariale media nel tempo e, di conseguenza, la produttività.

SALARIO MINIMO EUROPEO: FRANCIA E GERMANIA

A livello europeo, anche ‘giganti’ come Francia e Germania hanno deciso di introdurre la retribuzione minima: nel Paese transalpino la manovra è presente nel codice del lavoro dagli anni ‘70, i tedeschi si sono decisi solamente nel 2015, durante il terzo mandato di governo dell’ormai ex-Cancelliera Angela Merkel.

A rallentare il governo di Berlino è stato il timore da parte dell’opposizione che tale misura potesse portare le aziende a subire un aumento del costo del lavoro, a cui sarebbero conseguiti numerosi licenziamenti.

Una ricerca dell’University College London ha invece dimostrato che il provvedimento, in particolare per chi era destinato alla fascia più bassa di retribuzione, ha fatto da stimolo anche per quanto riguarda l’ambizione verso posizioni lavorative più importanti.

Secondo uno studio OCSE, i lavoratori in Francia e Germania hanno visto crescere di oltre il 30% il loro stipendio medio dal 1990 al 2020. Nello stesso lasso di tempo l’Italia ha vissuto il fenomeno inverso, con la retribuzione media che ha subito una decrescita del 2.9%.

E IN ITALIA?

Sebbene sia il Movimento 5 Stelle che il PD si siano più volte schierati a favore del provvedimento, la ferma opposizione di Fratelli d’Italia, Forza Italia e Confindustria ha portato ad una situazione di stallo, simile a quella dei pochi altri paesi europei ancora privi di salario minimo: Cipro, Danimarca, Svezia, Austria e Finlandia, ma con la differenza che, negli ultimi tre, gli stipendi sono comunque cresciuti, anche grazie ai forti contratti collettivi nazionali.

Salario minimo europeo: Italia ancora indietro

I PASSI AVANTI DELL’UE

Dal canto suo la Commissione europea ha presentato, il 28 ottobre 2020, la proposta dell’Ue n. COM (2020) 682 di direttiva relativa a salari minimi adeguati nell’Unione europea, dove recita: “Migliori condizioni di vita e di lavoro, anche attraverso salari minimi adeguati, apportano vantaggi sia ai lavoratori sia alle imprese dell’Unione e sono un presupposto fondamentale per conseguire una crescita inclusiva e sostenibile. Colmare le grandi differenze nella copertura e nell’adeguatezza della tutela garantita dal salario minimo contribuisce a migliorare l’equità del mercato del lavoro dell’UE e promuove il progresso economico e sociale e la convergenza verso l’alto”.

Lanciando uno sguardo al futuro periodo post-Covid, appare evidente che occorrano numerose manovre per stabilizzare un’economia già fortemente provata da una crisi mai completamente superata: perché non cominciare mettendosi in linea con il salario minimo europeo, il quale ha avuto modo di dimostrare concretamente negli altri Paesi i suoi effetti benefici?