Roma e Lazio alla ribalta, che sia il loro anno?

Pur essendo prive delle due stelle più luminescenti degli ultimi anni, Ronaldo e Lukaku, le prime due giornate del nuovo campionato ci hanno presentato alcune delle realtà più belle e interessanti da seguire. Non sono mancate le sorprese, significativa l’Empoli che ha battuto con merito la Juventus. Eppure, ci sono due squadre che stanno facendo esplodere i cuori palpitanti dei propri tifosi: la mitica Lazio e la grande Roma. La capitale sembra voler ritornare a fare la “voce grossa” dopo anni passati all’ombra della Top 3, affidandosi a due degli allenatori più vincenti e carismatici in circolazione: José Mourinho e Maurizio Sarri.

Ciò che è riuscito a creare lo “Special One” con la tifoseria giallorossa è qualcosa di magico: lontano è il ricordo di una squadra che, negli ultimi mesi della scorsa stagione, appariva svuotata nell’animo e senza motivazione. Paulo Fonseca, allenatore ed ex calciatore portoghese leva 1973, aveva perso da tempo la bussola, vittima di un rapporto mai idilliaco con la presidenza dei Friedkin, con alla vetta il CEO Thomas Daniel Friedkin, e capo espiatorio di un gruppo che, soprattutto negli scontri diretti, aveva evidenziato dei limiti mentali notevoli. L’arrivo in panchina dell’ex Tottenham ha ribaltato completamente il morale psicologico di una piazza desiderosa di trofei e della stessa squadra, alla quale sembra essere riuscito ad infondere quella grinta e quella cattiveria agonistica che tanto le erano mancate in passato. 

Mourinho ha scelto di tornare nel Paese che più di tutti lo ha amato, accettando la corte della Roma con un progetto forte e ambizioso che viaggia verso un unico obiettivo: vincere. La scelta di affidarsi ad un allenatore di fama internazionale è stata assecondata da un mercato minuzioso e intelligente che ha regalato al tecnico portoghese gli innesti giusti per attuare in pianta stabile il suo modulo di punta, il 4-2-3-1, espressione massima del potenziale offensivo a disposizione di Mourinho. Rui Patricio è il portiere low cost di sicura affidabilità che a Roma mancava dai tempi di Alisson, mentre Matias Vina, fresco vincitore della Copa America con il Palmeiras, rappresenta l’identikit ideale per sostituire l’infortunato Spinazzola. 

La ciliegina sulla torta porta il nome di Tammy Abraham, attaccante inglese cresciuto nelle giovanili del Chelsea e prelevato proprio dai Blues per 40 milioni di euro. Il suo impatto con la maglia giallorossa è stato subito travolgente; non è un caso che ci abbia messo poco meno di 90 minuti per infiammare l’Olimpico. Lampante è stata l’alchimia sia con l’ambiente che con la squadra, trascinata dalla leadership tecnica del capitano Pellegrini, valorizzato nel ruolo di trequartista puro, e dall’energia incontenibile di Zaniolo, ritornato dopo i due infortuni al crociato che gli hanno negato la convocazione agli Europei.

Sull’altra sponda del Tevere, a prendere le redini della Lazio è Maurizio Sarri, riconosciuto per il suo abbigliamento “poco professionale”, ma apprezzato a livello mondiale per il suo modo, a volte visionario, ma stramaledettamene efficace e bello da vedere, di fare calcio. A distanza di un anno dalla silenziosa vittoria dello Scudetto con la Juventus, Sarri si è rimesso in carreggiata in una piazza che, dopo le ottime stagioni sotto la guida di Inzaghi, ha ancora sete di ambizione e voglia di stupire. 

Passare dal 4-3-3 al 3-5-2 sembrava essere una sfida ardua, eppure, da quanto fatto vedere nelle prime due uscite stagionali contro Empoli e Spezia, la squadra pare aver già assimilato il nuovo assetto tattico e la maggior parte dei meccanismi di gioco. 

Dalla cintola in su, la Lazio continua a far paura: Sarri può fare leva su un centrocampo di assoluta qualità, sorretto da un Milinkovic-Savic monumentale e da un Luis Alberto sempre più ispirato. Un attacco pungente con le frecce Pedro, preso a parametro zero, e Felipe Anderson, ritornato a vestire il biancoceleste, pronte ad innescare un Immobile ancora decisivo, confermando il suo status di attaccante dal gol facile. L’unico punto interrogativo rimane la difesa, apparsa troppo fragile nei primi minuti di gara e sulla quale – probabilmente – il tecnico toscano dovrà lavorare in maniera più definita, a partire dalla scelta del compagno di reparto da affiancare ad Acerbi. 

Il mercato non ha portato il centrale tanto sperato, ma in compenso, dopo aver salutato alcuni punti fermi dello scorso anno come Caicedo e Correa, ha accolto all’ombra del Colosseo molteplici figure, tra le quali un fedelissimo di Sarri come Hysaj, essenziale per il passaggio alla difesa a quattro, il croato Basic, futuro erede di Lucas Leiva, e in prossimità del gong finale, Mattia Zaccagni, uomo copertina del Verona di Juric. Ora tocca all’allenatore nella speranza di poter rivedere presto quel “Sarri ball” che ancora oggi abbiamo negli occhi se ripensiamo al suo Napoli e di cui se ne sono perdutamente innamorati a Londra, dalle parti di Stamford Bridge.