Qatar, Danimarca e hummel contro la manifestazione

Qatar 2022 e la situazione Iran: quando le scelte fanno la differenza

Le morti in Qatar passate inosservate

Il Qatar, una volta ottenuta la qualifica di paese ospitante dei prossimi mondiali di calcio, ha dato origine a una vera e propria mobilitazione migratoria.

Una corsa contro il tempo durata appena dieci anni, in cui sette stadi su otto sono stati appositamente realizzati per l’evento.

Le conseguenze di questo folle sprint sono stati il massiccio ricorso alle assunzioni di migranti dall’Asia meridionale, come Nepal e Sri Lanka, e un doloroso conteggio di morti sul lavoro che hanno superato le seimila unità.

Secondo The Guardian, da quando il Qatar ha ottenuto la licenza FIFA si è verificata una media di 12 lavoratori  morti sul posto di lavoro ogni settimana.

La risposta della Danimarca e del suo sponsor

Non tutti i brand sono disposti a fare investimenti in tali circostanze. È questo il caso di Hummel-sponsor della nazionale danese- che si è auto oscurato in segno di protesta contro le numerose morti sul lavoro.

Sosterremo la nazionale fino in fondo, ma non vogliamo essere associati a questo evento“, queste le parole del marchio di abbigliamento danese sponsor della nazionale.

Da qui nasce la scelta di Hummel di rendere il logo sulla maglia danese difficilmente distinguibile, riprendendo congiuntamente la trama del kit datato 1992, anno reso storico grazie alla vittoria degli europei da parte della nazionale danese.

Inoltre, la terza maglia della Danimarca sarà nera in segno di lutto per le morti causate dalla costruzione degli stadi in cui la nazionale giocherà.

Non è la prima e non sarà l’ultima volta che i fatti di cronaca influenzano i comportamenti di società e calciatori.

La nazionale iraniana a sostegno dei diritti delle donne nel paese

La recente morte di Mahsa Amini in Iran, a causa di una ciocca di capelli ritenuta fuori dal velo, ha scatenato una rivolta delle giovani iraniane contro la violenza perpetrata dalle forze dell’ordine.

La nazionale iraniana ha deciso, in segno di solidarietà con queste proteste, di indossare un cappotto nero che copra la maglia iraniana durante l’esecuzione dell’inno.

Sardar Azmoun, attaccante simbolo dell’Iran, ha manifestato il proprio dissenso rispetto alla linea imposta dal governo di non parlare della questione Amini durante il ritiro pre-mondiale dell’Iran.

‘’Se vogliono tagliarmi dalla squadra è il sacrificio per una sola ciocca di capelli di una donna iraniana. Non è possibile che questo post venga cancellato. Vergognatevi per la facilità con cui uccidete le persone. Lunga vita alle donne iraniane’’, così si è espresso l’attaccante iraniano prima che il suo post venisse rimosso.

Scelte come queste o quelle di Hummel sottolineano l’importanza che ha la propagazione di messaggi inclusivi e di sensibilizzazione da parte di ogni singolo soggetto del mondo sport.

Gesti come l’inginocchiamento per il movimento ‘Black Lilves Matter’ e simili possono sembrare ininfluenti rispetto al corso naturale degli eventi ma hanno la funzione di creare memoria, il più grande strumento che ha l’uomo per non ripetere gli errori del passato.