Il consiglio regionale della Puglia ha intrapreso un’importante azione per preservare una specie in pericolo: ha approvato una legge che vieta la pesca dei ricci di mare per i prossimi tre anni. Tale divieto, esteso sia alla pesca professionale che sportiva, mira a salvaguardare una specie ormai molto rara, minacciata dalla pesca e a rischio di estinzione nelle acque pugliesi. L’adozione di questa legge rappresenta un passo fondamentale per garantire la sopravvivenza di questi splendidi echinodermi, ma la sfida risiede nel controllare efficacemente coloro che potrebbero violare il fermo biologico.
La preziosa biodiversità dei ricci di mare
I ricci di mare, noti per la loro pelle spinosa e la simmetria a forma di stella, costituiscono una preziosa parte della biodiversità marina della Puglia. Nella regione convivono due specie di ricci: il Paracentrotus lividus e l’Arbacia lixula.
Il Paracentrotus lividus, spesso chiamato “riccio femmina”, è quello destinato al consumo alimentare. In molte parti del mondo e in diverse regioni italiane, i ricci di mare rappresentano una prelibatezza gastronomica e sono parte integrante della tradizione culinaria. I piatti più celebri comprendono gli spaghetti con le cosiddette “uova di riccio” (le gonadi, ovvero gli organi che producono le uova), la polpa di riccio o i ricci crudi serviti direttamente dal guscio, senza l’ausilio delle posate. L’Arbacia lixula, invece, è di colore più scuro e non è adatto al consumo umano. Nel corso degli anni, i metodi di pesca dei ricci di mare sono diventati sempre più efficienti, aumentando la disponibilità di questo prelibato alimento sul mercato. Tuttavia, tale successo ha comportato una significativa riduzione della presenza del Paracentrotus lividus nelle acque italiane, non solo in Puglia. Già nella prima metà degli anni Novanta, alcune associazioni ambientaliste pugliesi avevano sollecitato la Regione a introdurre limiti alla pesca dei ricci di mare.
La lotta per la sopravvivenza
La risposta a questa sfida è giunta nel 1995, quando fu adottato un fermo biologico per regolamentare la pesca dei ricci di mare. Durante il fermo biologico, che comprende i mesi di maggio e giugno, è vietata la pesca dei ricci al fine di consentire agli esemplari di riprodursi. A partire da luglio, la pesca è consentita solo per un massimo di 50 esemplari per i pescatori non professionisti (senza l’utilizzo di strumenti di pesca) e fino a mille esemplari per la pesca professionale destinata alla vendita. Inoltre, la taglia minima degli esemplari pescabili non può essere inferiore a 7 centimetri di diametro, aculei compresi. Con la recente legge approvata dal consiglio regionale della Puglia, il fermo biologico per la pesca dei ricci di mare è stato esteso a tre anni o, secondo il testo definitivo, fino al 30 aprile 2025. Questa misura è stata adottata per offrire a questa specie vulnerabile il tempo necessario per riprodursi e riprendersi nelle acque pugliesi. Il consigliere Paolo Pagliaro, promotore della legge, sottolinea l’importanza di questo fermo pesca come passo essenziale per bloccare il prelievo massiccio dei ricci di mare, anche al di sotto della misura minima consentita per legge di sette centimetri di diametro. E aggiunge: “Non c’è più tempo da perdere.”
Le sfide dell’applicazione della legge
Tuttavia, uno dei problemi cruciali è rappresentato dalla difficoltà nel controllare la pesca illegale. Negli ultimi anni, sono stati effettuati sequestri di migliaia di ricci illegali destinati ai ristoranti, e la capitaneria di porto ha organizzato diverse operazioni per individuare i pescatori abusivi. Purtroppo, le tecniche utilizzate da questi pescatori per eludere i controlli sono ingenue, compresa la presenza di una barca d’appoggio poco distante che avverte la presenza delle forze dell’ordine. Ciò permette ai pescatori illegali di abbandonare il loro bottino sul fondale marino e di fuggire. Inoltre, il vasto litorale da controllare rende difficile cogliere in flagranza di reato i pescatori di frodo in mare.