Il governo dello Stato africano dell’Uganda ha recentemente annunciato la scoperta di vasti giacimenti di oro, ai quali si aggiunge il petrolio individuato negli scorsi anni. L’obiettivo del Paese è sfruttare queste risorse, anche a discapito di standard ambientali ed etici.
La scoperta del petrolio in Uganda
Nel 2006, la compagnia anglo-irlandese Tullow Oil ha individuato nella regione del lago Albert – al confine nord-occidentale del Paese – i primi giacimenti di petrolio, all’epoca stimati in 6 miliardi di barili totali. Nonostante le premesse che individuavano l’avvio dei lavori entro pochi anni, l’inizio dell’estrazione non avverrà prima del 2025.
I piani governativi prevedono, in un secondo tempo, la realizzazione dell’oleodotto Eacop, che permetterebbe al petrolio ugandese di raggiungere la Tanzania con il relativo sbocco sull’oceano indiano. Il progetto sarà finanziato da diverse nazioni ed enti, tra cui il Ministero dell’economia italiano, che assicurerà la realizzazione dell’infrastruttura tramite la SACE (Sezione speciale per l’Assicurazione del Credito all’Esportazione).
I grandi giacimenti d’oro scoperti in Uganda
Il presidente Yoweri Museveni ha recentemente annunciato la scoperta di un vasto giacimento da 31 milioni di tonnellate d’oro nel sottosuolo ugandese che – da sole e se trasformate – permetterebbero un cambiamento radicale dell’economia del Paese.
Per incrementare ulteriormente i profitti aurei, il Parlamento ha promulgato una nuova legge dedicata al settore minerario che prevede la creazione di una società mineraria statale, la quale acquisirà obbligatoriamente una partecipazione del 15% in ogni operazione mineraria, anche straniera, nel Paese.
L’ interesse delle grandi potenze
In contemporanea alla scoperta delle nuove risorse, alcune potenze internazionali hanno intrapreso massicce campagne di finanziamento nel Paese, per garantire le infrastrutture necessarie allo sfruttamento di oro e petrolio. Tra queste la Cina, che a partire dal 2000 ha impegnato grandi risorse finanziarie per la costruzione di infrastrutture – anche militari – in buona parte del continente. Essa parteciperà tramite la società China National Offshore Oil Corporation alla creazione dell’oleodotto Eacop e con la Wagagai Mining estrarrà oltre 5000 chilogrammi di oro ugandese al giorno.
Oltre alla Cina, anche la Russia, che da anni è in prima linea nella vendita di armi nel continente, ha intensificato i propri rapporti con lo Stato africano grazie alla possibilità di commerciare le risorse appena individuate in cambio di armamenti e di sostegno internazionale nel contrasto alle sanzioni occidentali.
La fine della neutralità ugandese
Fin dalla salita al governo di Museveni, nel 1986, l’Uganda ha mantenuto una politica di neutralità tra il blocco occidentale e quello eurasiatico, rifiutando di schierarsi anche nello scenario ucraino e non imponendo sanzioni. Questo equilibrio, però, sembra essersi spezzato perché, con l’aumento dello sviluppo, i Paesi occidentali hanno richiesto garanzie riguardo i diritti umani e la tutela dell’ambiente nella costruzione delle infrastrutture, limitando l’autoritarismo governativo e spingendo l’Uganda verso Russia e Cina.