NUDITÀ FEMMINILE TRA SOCIAL E REALTÀ: STEREOTIPI DI GENERE DURI A MORIRE

Una donna poco vestita è sempre additata come poco di buono. 

Una donna in una posizione lavorativa elevata, vestita in modo succinto, scatena immediati commenti sia da uomini sia da donne facendo intendere che la donna in questione sia arrivata in quella posizione non di certo per le sue reali capacità. 

Perché da sempre ci è stato insegnato che troppo nudo è sbagliato, che se una donna è consapevole della propria sessualità e sensualità allora sicuramente è una poco di buono, una senza pudore. 

È uno stereotipo e un pregiudizio che esiste da tempo immemore. 

Ed è per questo che resta molto difficile sentirsi libere dal senso di inadeguatezza che spesso ci attanaglia, dovuto al sentirci sempre giudicate in qualsiasi momento, proprio solamente da come siamo vestite.

Anche sui social media, vetrina preferita dalle nuove generazioni, accade che un corpo femminile nudo o semi nudo venga subito censurato. 

Social come Instagram e Facebook censurano foto di donne in topless ritenuti “contenuti inappropriati”, assurdamente però non censurano commenti razzisti o omofobi. 

Perché un seno femminile scoperto è inappropriato ma un uomo a petto nudo no?

Cosa succede ad una donna che decide di mostrare il proprio corpo? 

Che sia una foto per un book professionale o scattata dal cellulare in costume in riva al mare, per la nostra società non è accettabile. 

Il corpo svestito di una donna resta ancora quasi un tabù, uno stigma, nonostante anni di lotta femminista per liberarlo.

Si innesca un pregiudizio che porta a giudizi stereotipati che hanno radici profonde: una società prevalentemente sessista che accetta un uomo in boxer ma che grida allo scandalo per una donna in lingerie. 

Per la stragrande maggioranza della società, una donna che si sveste di più lo fa per mettersi in mostra, per puro esibizionismo. 

Ed il passo da questo al “se l’è cercata, guarda com’era vestita” rivolto ad una vittima di stupro il passo è breve.