Era il 1957 quando Lord Altrincham, durante un colloquio privato, ricordò alla regina Elisabetta che mentre un tempo le monarchie rappresentavano la regola e le repubbliche l’eccezione, ormai sono quest’ultime ad essere la regola, mentre le monarchie equivalgono assolutamente all’eccezione.
Le monarchie erano la regola, le repubbliche l’eccezione. Oggi le repubbliche sono la regola e le monarchie l’eccezione.
Lord Altrincham
2021, QUANTE MONARCHIE RIMANGONO IN EUROPA?
Riportando la questione ai giorni nostri – quasi settanta anni dopo – la questione risulta ancora attuale: nel 2021 in Europa esistono solamente dodici monarchie sovrane di cui sette regni (Regno Unito, Spagna, Paesi Bassi, Danimarca, Norvegia, Svezia, Belgio), tre principati (Andorra, Monaco, Liechtenstein), il granducato del Lussemburgo e lo Stato teocratico del Papa, ovvero la Città del Vaticano.
Inoltre, con la nascita dell’Unione Europea e il rafforzamento del peso politico del Parlamento nella maggioranza dei governi occidentali, il ruolo del monarca è andato incontro ad un progressivo ridimensionamento: nello stesso Regno Unito l’inizio della limitazione dei poteri del sovrano va ricercata nell’approvazione del Bill of rights, risalente al 1689, con il quale venne proclamato il principio di sovranità parlamentare.
È quindi in corso da secoli un cambiamento del ruolo effettivo che svolge la Corona, dovuto ad una serie interminabile di eventi che hanno avuto luogo durante il cosiddetto “Secolo breve”.
IL TRONO DELLA REGINA ELISABETTA II
A rallentare il processo di ridimensionamento della monarchia è stata la figura di Elisabetta II: considerando diversi fattori quali un regno che dura dalla cerimonia di incoronazione del 2 giugno 1953, l’essere donna in un mondo – quello politico – a lungo egemonizzato dagli uomini e la forte popolarità riscossa tra il popolo, è innegabile che il ruolo ricoperto dalla Regina non abbia potuto permettere di completare, o per lo meno continuare, quella trasformazione che avrebbe consentito al sistema politico inglese di rinnovarsi e rimanere al passo con la nuova visione politica occidentale dal dopoguerra in poi.

In seguito alla morte del Principe Filippo, avvenuta il 9 aprile 2021, appena dodici giorni prima del novantacinquesimo compleanno della Regina, ha avuto luogo un vertice a cui hanno partecipato Elisabetta II, il figlio ed erede legittimo al trono Carlo ed il nipote William, secondo nella linea di successione e a cui sono stati recentemente assegnati alcuni incarichi reali.
I FUTURI SUCCESSORI DELLA REGINA
L’incontro è stato pianificato con lo scopo di delineare il futuro della Corona e, mentre vengono categoricamente smentite le voci riguardanti una possibile abdicazione di Elisabetta, si prospetta una nuova epoca che vedrà alla guida della monarchia Carlo, il quale, sia per un motivo anagrafico che politico, probabilmente sarà affiancato da William in molti dei suoi compiti.
Analizzando la situazione da un punto di vista politico ed economico è logico affermare che la fine dell’era di Elisabetta II causerà non pochi grattacapi all’Inghilterra che verrà, così com’è sempre accaduto ad ogni Paese che si è affidato per un lungo periodo alla figura di un unico leader.
Prendendo in considerazione la popolarità di Carlo, per gran parte dovuta alla delicata questione legata della Principessa Diana, la situazione di Meghan ed Henry ed i crescenti contrasti post-Brexit con Scozia e Irlanda del Nord, si prospetta un futuro lungi dall’essere prospero per il Regno Unito, a cui seguirà, con tutta probabilità, una crisi della Corona.
Non tutto il male vien per nuocere: la storia insegna che ad ogni momento di crisi corrisponde, proporzionalmente al livello di gravità della crisi, una possibilità di cambiamento. La fine del regno della Regina Elisabetta può rappresentare un’occasione importante al fine di completare quella trasformazione che per almeno 68 anni è stata messa da parte, congelata, e che spingerà il sistema politico inglese ad adattarsi al presente, prediligendo una struttura dal carattere intermedio tra quello esistente ed uno simile alla democrazia rappresentativa nella forma di Repubblica parlamentare, attualmente diffuso in Europa.
MONARCHIA O REPUBBLICA?
Già con Elisabetta II il ruolo del regnante ha dimostrato di aver assunto le funzioni che in altri stati svolge il Presidente della Repubblica: ad esempio, la nomina del Primo Ministro è decisa dal Monarca, che di consuetudine orienta la sua decisione verso colui che ha più probabilità di formare un governo stabile – ovvero il leader della maggioranza – così come il PdR è solito conferire il mandato ‘esplorativo’ alla figura che potenzialmente potrebbe ottenere il più largo consenso da parte delle forze politiche.
Inoltre, l’Emergency Powers Act 1920 approvato dal Parlamento inglese nel medesimo anno è accomunabile, se non si considera il carattere emergenziale dello stesso, all’Art.70 della Costituzione Italiana: entrambi prevedono lo scioglimento delle Camere da parte del Capo di Stato in casi specifici.
Si tratterebbe quindi di riformare ulteriormente e definitivamente un’istituzione ormai storicamente antica e ferma nel passato, e di modernizzare l’intera società a partire dalla base, riavvicinandosi almeno politicamente all’Europa e agli Stati Uniti, i quali hanno innegabilmente influenzato lo sviluppo della storia inglese.
QUANTO RIMANE ALLE MONARCHIE?
Sebbene si sia dimostrato che l’evoluzione non è nella pratica così radicale come appare, è altrettanto vero che la Monarchia rappresenta da sempre un simbolo culturale ed un fattore sociale fondamentali agli occhi dei cittadini britannici, in particolare in quello che si è dimostrato sempre più un periodo di rinascita dei sentimenti filo-monarchici in buona parte del Paese, dovuto all’eccellente operato dei membri più giovani della Royal Family. Quest’ultimi hanno saputo sfruttare nel migliore dei modi i social media e i forti rapporti con la stampa nazionale per rilanciare l’immagine di Buckingham Palace.

Secondo i dati di Brand Finance del 2017, la Corona frutta al Regno Unito entrate per circa 2 miliardi di euro, in particolare per via del turismo che attrae. A questa somma vanno però sottratti circa 43 milioni a spese dei contribuenti, pagati sotto forma di tasse. Il rapporto tra spese ed entrate, mai riportato precisamente, è però destinato ad assumere un risvolto piuttosto negativo nel prossimo futuro con il sovrapporsi della fine del regno di Elisabetta II, della crisi economica causata dalla pandemia e dalle conseguenze della Brexit, rendendo quindi praticamente inutile il sacrificio dei cittadini inglesi in previsione di un ritorno economico piuttosto scarso.

La sensazione è dunque quella del ritorno della crescente sfiducia nei confronti dell’istituzione della Monarchia, nonostante un forte rispetto nei confronti di Elisabetta: l’equilibrio della bilancia tra antimonarchici e filo-monarchici si sta via via spostando a favore dei primi, sullo sfondo di una Nazione divisa a metà, contesa tra l’ideale di un romantico proseguo Reale ed il progetto di un nuovo e moderno sistema rappresentativo.
Si è chiarito quindi che l’ormai prossima crisi della Corona, gli attriti con Scozia e Irlanda del Nord nel dibattito circa i rapporti con l’Europa e la crisi economica imminente porteranno il Regno Unito a dover cercare una nuova e forte identità in grado di garantire la stabilità necessaria per ripartire.
Resta da capire se il popolo britannico sarà in grado – e se vorrà – cogliere l’occasione, senza necessariamente sradicare la figura storica del monarca, di scegliere per sé non un Re o un Presidente della Repubblica, bensì una sorta di Presidente con la corona.