La Manovra di Bilancio 2024 contiene una serie di interventi sulle future pensioni dei Millennials – la generazione dei nati tra i primi anni Ottanta e la metà degli anni Novanta- che si rivelano una vera stangata per questa generazione.
Il Governo, per “non pregiudicare la sostenibilità delle finanze pubbliche e del debito”, ha introdotto novità in tema pensionistico che, da un lato, agevolano la pensione di vecchiaia dei Millennials, mentre, dall’altro, rendono a loro impossibile raggiungere la pensione anticipata. La causa è l’introduzione di nuovi aggravi che peggiorano i già rigidi requisiti previsti dalla Legge Fornero.
Vediamo nel dettaglio quali sono le modifiche introdotte dal Governo focalizzando l’attenzione sui Millennials che, avendo iniziato l’attività lavorativa dopo il 1996, rientrano nella fascia di coloro che attualmente usufruiscono del regime contributivo.
Le vecchie regole della Legge Fornero
Le Legge Fornero prevede per i Millennials due vincoli:
- per usufruire della pensione di vecchiaia – il cui requisito è avere 67 anni di età e 20 di contributi – devono poter avere un assegno pensionistico di 1,5 volte superiore a quello sociale (503 euro), pari quindi a 755 euro;
- per quella anticipata – il cui requisito è avere 64 anni con 20 di contributi – devono poter contare su un assegno pensionistico di 2,8 volte superiore a quello sociale, pari quindi a 1.409 euro.
Occorre considerare che le regole restrittive previste per i Millennials non sono state applicate ai loro genitori, i cosiddetti boomers, che, negli ultimi anni, hanno anche potuto anticipare la loro uscita dal mondo del lavoro, senza ricalcoli né penalizzazioni.
Le nuove regole contenute nella Manovra di Bilancio 2024
In generale, le modifiche pensionistiche inserite nella Legge di Bilancio rendono, al momento, più difficile comprendere quando realmente si potrà andare in pensione a partire dal prossimo anno.
Comunque, possiamo riassumere in questi pochi punti il nuovo quadro:
- I lavoratori che hanno una contribuzione pensionistica a partire dal 1° gennaio 1996 – i cosiddetti “contributivi puri“, cioè i Millennials – ora potranno accedere alla pensione di vecchiaia (a 67 anni di età e 20 di contributi) senza più dover raggiungere l’importo minimo previsto di 1,5 volte l’assegno sociale (pari a 755 euro), ma solamente pari 1 volta l’assegno sociale (pari a 503 euro).
- Tuttavia, per i “contributivi puri” sarà possibile anticipare l’uscita pensionistica (a 64 anni di età e 20 di contributi) solo se l’assegno pensionistico è pari a 3 volte a quello minimo, ridotto a 2,8 volte per le donne con un figlio e a 2,6 volte per le donne con due o più figli.
- Infine, esiste una significativa novità, che di fatto non interessa i Millennials, relativa al ridimensionamento dell’assegno. L‘importo potrebbe essere calcolato interamente nel sistema contributivo (già così per i Millennials) anche per gli anni maturati nel retributivo (quindi ante 1996) e, inoltre, l’importo non potrà superare in nessun caso i 2.250 euro mensili fino al compimento dell’età pensionabile.
In sostanza, il Governo, per agevolare la pensione di vecchiaia dei Millennials, gli ha reso impossibile avvalersi di quella anticipata. Quindi, se per uscire a 67 anni basterà un reddito un terzo più basso di quello previsto attualmente, per uscire anticipatamente a 64 anni servirà invece una retribuzione più alta di quella attuale (+7%).
Perché questo accanimento nei confronti dei Millennials?
È difficile capire la logica che ha portato il Governo a introdurre questi nuovi paletti per i Millennials, poiché si tratta di una generazione di lavoratori totalmente contributivi che, in quanto tali, percepirebbero una pensione senza turbare le casse previdenziali. Infatti, le 3 volte l’assegno sociale diventeranno la situazione di fatto per i Millennials. Poco importa il fatto che il Governo sia intervenuto per abbassare la soglia inizialmente prevista in Manovra di 3,3 volte il minimo, pari a 1.661 euro. Se fosse rimasta questa soglia (3,3 volte), il traguardo pensionistico anticipato per i Millennials sarebbe stato impossibile da raggiungere.
Il motivo dell’introduzione dei paletti è puramente tecnico, in quanto il taglio del requisito della pensione di vecchiaia ha un costo che viene pareggiato dal risparmio ottenuto con l’inasprimento del requisito per l’anticipata. Insomma, la coperta è corta e risorse nuove non vengono poste in campo!
Inoltre, bisogna ricordare che per chi si trova nel sistema contributivo la pensione di vecchiaia senza paletti ha una finestra di uscita dal mondo del lavoro fissata a 71 anni (e 5 anni di contributi), come prevede il decreto ministeriale emanato a luglio dal Mef.
Quindi, ai Millennials che non rientrano nei requisiti, vecchi e nuovi, non resta che la vecchiaia senza paletti a 71 anni. Infatti, bastano 5 anni di contributi, ma l’età si allunga a 71 anni. Inoltre, tenuto conto che questa generazione è caratterizzata da lavoro discontinuo e precario, non sempre full time, sottopagato e a bassa contribuzione, l’età della pensione per i Millennials slitta, mediamente, a 75 anni!
Il Governo ha quindi riservato ai Millennials una vera stangata, per non dire peggio, in tema pensioni!