Come analizzato dal report Il Mondo in una classe di Save The Children, rispetto al 2016 71 mila bambini in meno inizieranno il proprio percorso scolastico. Nonostante la diminuzione del numero di studenti, conseguenza del calo demografico, il sistema scolastico italiano non si trova comunque pronto ad accogliere e formare le nuove generazioni.
Presentare i dati potrebbe non essere sufficiente, ma resta un punto d’inizio fondamentale per analizzare la condizione in cui versa il sistema scuola del nostro Paese. Il rischio è quello di interpretare le statistiche come la fredda rappresentazione di uno scenario rovinosamente precario, tuttavia rimane necessario visualizzare concretamente l’entità di queste problematiche che non si limitano a danneggiare identità anonime, ma che ostacolano quello che poi si rivelerà essere il percorso di vita di persone sin dall’inizio della loro formazione.
Abbandoni e ritardi scolastici
Nel 2022 l’11,5% dei giovani tra i 18 e i 24 anni ha abbandonato gli studi. Lasciare per sempre l’aula scolastica senza essere in possesso di diploma non è una condanna, ma quasi. Se addentrarsi precocemente nel mondo del lavoro resta comunque un’opzione, il rischio di entrare a far parte della fascia di popolazione Neet – giovani che non studiano né lavorano – risulta elevato. In Italia un giovane su cinque fa parte di questa categoria. Percentuali maggiori interesserebbero le aree del Meridione, non a caso le stesse in cui dilaga il fenomeno della dispersione scolastica, che raggiunge picchi del 15% in regioni come la Sicilia e la Campania.
Il fenomeno interessa maggiormente i ragazzi, specialmente se caratterizzati da un background migratorio. Ad avvalorare la tesi, il fatto che lo scorso anno solo l’8,1% degli studenti italiani registrava un ritardo scolastico, mentre quelli con cittadinanza non italiana erano ben il 25,4%.
Studenti italiani, ma senza cittadinanza
Più di 800 mila minori, il 10,6% degli iscritti nelle scuole italiane, non hanno accesso alla cittadinanza pur essendo parte integrante del tessuto sociale del Paese sin dai primi anni di vita. È più complesso per loro partecipare a gite scolastiche e viaggi all’estero, a competizioni sportive, accedere all’Università o ai concorsi pubblici. Tutto questo si traduce nel mancato sviluppo di un senso di appartenenza alla comunità nella quale si cresce, e nella maturazione di un sentimento di diversità e estraneità rispetto ai propri coetanei. Questa disparità si concretizza già a partire dalla scuola dell’infanzia: solo il 4,9% degli italiani non la frequenta, a fronte del 22,1% dei bambini con cittadinanza straniera.
“Da troppo tempo l’Italia attende una riforma legislativa che riconosca piena cittadinanza ai bambini e alle bambine che nascono o giungono da piccoli nel nostro Paese, rafforzando così il senso di appartenenza alla comunità nella quale crescono e spingendo in avanti le loro aspirazioni per il futuro. È un’opportunità che il nostro Paese non può perdere.”Raffaela Milano, Direttrice Programmi Italia Europa di Save the Children
Problematiche croniche e strutturali
La scuola italiana presenta nel suo complesso difetti la cui risoluzione sembra non trovare spazio nelle “azioni concrete” che la politica, a ritmo di campagne elettorali, promette. Sempre Save The Children evidenzia come sette bambini su dieci non riescano a frequentare il nido, con gravi conseguenze anche in tema di occupazione ed emancipazione femminile. Lo stesso numero di studenti non può frequentare le elementari a tempo pieno – vale a dire 40 ore a settimana – per mancanza di strutture come palestre o mense, e di personale scolastico. Se pensiamo alle mense scolastiche, queste strutture garantiscono un servizio pranzo solo alla metà degli studenti italiani, con ripercussioni significative sul benessere alimentare per coloro i quali non hanno accesso a pasti completi per fattori economici e familiari.
Investimenti non pervenuti
Nonostante le problematiche analizzate, gli investimenti in materia di istruzione non accennano a smettere di calare di anno in anno. Oggi si fermano al 4,1% del PIL contro una media europea del 4,8%. Una percentuale inferiore rispetto a quella riportata nel nostro Paese è attribuibile solo a Irlanda e Romania con relativi 3 e 3,2%, mentre rimangono al di sotto della media UE – comunque avanti rispetto all’Italia – anche Germania e Portogallo. Ai primi posti della classifica si collocano Belgio e Svezia con relativi 6,3 e 6,7%.
Il calo di investimenti si riflette su strutture e cattedre. Le scuole sono sempre più vecchie e fatiscenti: su 40mila istituti statali, più di 23mila non sono in possesso del certificato di agibilità. All’impreparazione dei luoghi si associa la cronica mancanza di figure professionali che dovrebbero dar loro un’anima. Quest’anno almeno 40mila cattedre resteranno vuote. Secondo le stime della Cgil, sono circa 200mila i precari sulle cui spalle si regge il sistema d’istruzione italiano.
In uno scenario così, perché famiglie e ragazzi dovrebbero affidarsi ad un sistema d’istruzione che non è pronto ad accoglierli?Se la scuola dovesse in teoria preparare al futuro, sembrerebbe invece ferma in uno stagnante passato.