Uno studio illustrato al Forum di Cernobbio, tenutosi come ogni anno all’inizio di settembre, mostra le conseguenze dell’inverno demografico vissuto dall’Italia, portato alle estreme conseguenze. Lo scenario peggiore stimato da Istat, vedrebbe un calo dagli attuali 59 milioni di abitanti ai 51 milioni nel 2050.
“Se gli attuali tassi di natalità e mortalità non dovessero cambiare in futuro, l’ultimo italiano nascerebbe nel 2225 e la popolazione italiana cesserebbe di esistere nel 2307“, ha affermato Valerio de Molli, Amministratore Delegato di The European House – Ambrosetti.
Nonostante permangano dubbi su cosa significhi realmente “ultimo italiano” – se altro non siamo che frutto di secoli di contaminazioni etniche e culturali e che la nostra è una terra di passaggio e sempre lo è stata – l’idea che numericamente ci “estingueremo” crea sgomento anche nel patriota meno convinto.
Calo demografico e pensioni
L’Italia rischia infatti di precipitare in una strutturale insostenibilità finanziaria dettata dall’aumento inesorabile delle spese per il settore del welfare: la spesa pubblica è già aumentata del 23,6% nell’ultimo decennio, e si prospetta che il rapporto tra pensionati e lavoratori passerà dall’attuale 1:4 a 1:1 nel 2050.
De Molli ha poi presentato il piano “Rilancia Italia” volto a risolvere la questione demografica, le cui proposte vertono su tecnologia, donne, giovani coppie – per le quali si auspicano congedi parentali obbligatori e paritari e una maggiore diffusione del part-time maschile – e immigrazione, “una leva fondamentale e attivabile fin da subito, a patto che sia approcciata strategicamente e non come fattore di emergenza” ha detto de Molli. L’AD ha poi concluso dicendo che “è uno scenario distopico, irrealistico ma volto a stimolare la riflessione sulla difficile congiuntura demografica in cui il nostro Paese si trova”. Per ora dunque solo una prospettiva, ma resta il fatto che a viverne le conseguenze saranno le generazioni a noi prossime.