Joseph Conrad e l’orrore del colonialismo nella letteratura

Tra il XVIII e il XIX secolo a prevalere era l’imperialismo e molti Paesi europei gestivano un potere immane sulle loro lontane colonie. Gli scrittori occidentali nei propri romanzi esprimevano un rigido senso di superiorità: nell’eroe del Robinson Crusoe (1719) di Daniel Defoe si insegna all’indigeno Venerdì i costumi “superiori” dell’Occidente.
Verso il XX secolo, le nefaste pratiche coloniali sulle popolazioni sottomesse iniziarono a essere messe sotto processo, e gli autori cominciarono a prendere le distanze dalle prospettive di dominio. La palese censura dello sfruttamento e dell’intolleranza coloniale trovò massima espressione nelle opere di Joseph Conrad, specialmente nel romanzo breve Cuore di tenebra (1899).

Joseph Conrad, il cui vero nome è Józef Teodor Konrad Korzeniowski, nasce nell’Ucraina polacca nel 1857. Intorno ai 20 anni si trasferisce in Inghilterra con l’intenzione di diventare ufficiale di marina. Trascorre molti anni in marina ed il periodo impiegato, nel 1890, al comando di una nave a vapore belga nel Congo, gli servirà come spunto proprio per Cuore di tenebra.

UN BREVE ACCENNO STORICO

È doveroso spendere qualche parola sulla situazione del Congo all’epoca in cui Conrad vi si recò.

Fra il 1884 e il 1885 era nato lo Stato Indipendente del Congo, il cui Re a titolo personale era Leopoldo II del Belgio. Indipendente, lo stato congolese, lo era solo nominalmente. In realtà era un regno “privato” del sovrano belga, che lo governava attraverso un amministratore generale e quindici commissari responsabili di altrettante province.

Attraverso i suoi amministratori e agenti conduceva una politica di sfruttamento spietato, nonché di genocidio o quasi. Gli indigeni, che si proclamava di voler “liberare dalla schiavitù”, erano costretti a un lavoro schiavistico e l’ordine era mantenuto da soldati e mercenari che assicuravano con violenza impunita il rispetto di quella “legge” che doveva garantire l’ottimizzazione del lavoro.

Inizialmente la Gran Bretagna aveva sostenuto le iniziative e i progetti di Leopoldo II, ma successivamente mobilita una campagna di stampa dai toni sempre più calunniosi facendo leva sulle voci di violenze e massacri perpetrati dagli agenti belgi nei confronti delle popolazioni congolesi.

Fiume Congo

DENTRO L’OSCURITA’

In Heart of Darkness risuona l’eco della campagna di stampa britannica contro Leopoldo II e la sua politica coloniale. Da sottolineare è che Conrad elimina dal testo ogni riferimento storico-geografico. Non lo fa per destoricizzare il racconto ma, al contrario, per renderlo “storicamente esemplare”, facendo del Belgio la metafora dell’Europa tutta e, anzi, dell’intero Occidente.

Conrad disegna un quadro che vuole essere un atto d’accusa nei confronti di ogni colonialismo bianco, compreso quello britannico. Ne è prova il fatto che i personaggi messi in scena nel racconto appartengono alle più diverse nazioni europee: se la nave che porta Marlow in Congo è francese, il capitano del battello che lo traghetta è svedese, l’assistente di Kurtz è russo, e Kurtz stesso è tedesco.

Anzi, quest’ultimo, riassume in sé proprio tutta l’Europa: tedesco al servizio del Belgio, il padre mezzo francese e la madre mezza inglese. Inoltre, ha ricevuto un’educazione inglese e professa “idee” inglesi. L’intera politica coloniale è dunque pressa di mira.

Risalire quel fiume era come compiere un viaggio indietro nel tempo, ai primordi del mondo, quando la vegetazione spadroneggiava sulla terra e i grandi alberi erano sovrani […] Non c’era gioia nello splendere del sole.”

Il viaggio di Marlow lungo il fiume Congo sembra un evento infernale: persone autoctone che muoiono di fatica e malnutrizione, europei che impazziscono, la sua barca che viene attaccata dagli abitanti della giungla.

Marlow è ossessionato dalle storie che si narrano su Kurtz, che ha ammassato enormi quantità di avorio accettando le tenebre attorno a sé (o dentro di sé). Kurtz ha stilato un rapporto per sopprimere “i costumi selvaggi” e Marlow scopre che lo ha concluso con questa frase quasi illeggibile: “Sterminate quei bruti!”.

L’autore comprende che sotto la superficie della missione per “incivilire” gli africani cova lo spirito di sterminio ai danni di tutti quelli che hanno un diverso colore della pelle. Lo scrittore, contemporaneo dello psicoanalista Sigmund Freud, vuole suggerire che il “cuore di tenebra” può rintanarsi dentro di noi e che il viaggio di Marlow al centro del continente africano può essere interpretato come un viaggio nella psiche umana.

“La conquista della terra, che per lo più significa portarla via a coloro che hanno una diversa carnagione o nasi leggermente più piatti dei nostri, non è una cosa edificante quando la si osservi troppo a lungo”