Già a partire dal titolo, “Gli Amigos”, lo spot fa mal sperare, ma a peggiorare la situazione è la regia affidata a Paolo Genovese, un orgoglio del cinema italiano.
Il concept della pubblicità, in onda da settembre sui canali Rai, si sviluppa attorno ad un gruppo di studenti di cucina in visita ad un laboratorio del celebre formaggio emiliano. Nel cast presenzia anche l’attore Stefano Fresi, protagonista di diverse pellicole italiane tra le quali quelle della serie Smetto quando voglio.
Il cortometraggio sembra non avere nulla di sbagliato fino a quando non interviene Renatino, ovvero il casaro che sta lavorando il formaggio. La presentazione a cura di Stefano Fresi è discutibile: spiegando ai ragazzi in visita gli ingredienti del formaggio dice:
“L’unico additivo è Renatino, che lavora qui da quando ha 18 anni, tutti i giorni, 365 giorni l’anno.”
La comunicazione è fondamentale nel mondo pubblicitario per il suo carattere persuasivo: deve convincere il cliente a comprare il prodotto. La comunicazione pubblicitaria è studiata al minimo dettaglio per rimanere impressa nella mente degli ascoltatori. Ad esempio, è successo a tutti almeno una volta nella vita di intonare un gingle di qualche pubblicità vista alla tv. Parole e musica assieme formano un connubio eccellente per sedimentarsi nella mente umana, ma la priorità va alla parola.
Renatino è un operaio, ma lo spot lo rappresenta come un additivo, minimizzandone l’importanza. In Italia pare che un lavoratore valga come un altro, ma allo stesso tempo un numero spaventose di persone non hanno un lavoro. Nello spot, Renatino sembra alla mercè degli studenti che lo fissano stupefatti come fossero allo zoo. Anche per questo, durante tutto il cortometraggio, si rivolgono a lui in termini diminutivi nonostante l’evidente struttura corpulenta che un casaro necessita per portare a termine il proprio lavoro. Ironia? Andiamo con calma.
Renatino lavora qui da quando ha 18 anni, tutti i giorni, 365 giorni l’anno. Per quanti di voi queste parole suonano come una battuta e per quanti suonano come una provocazione? Lo spot allude allo sfruttamento lavorativo che ormai è parte della cultura italiana: spaccarsi la schiena per ottenere molto poco in cambio. In questo caso non si parla di soldi, la pubblicità di Genovese ha avuto la decenza di non parlarne, ma di diritti. Un lavoro senza regole, riposi, ferie o malattie. Tutti i giorni.
Ma quando la situazione sembra non poter peggiorare ancora, lo fa. Intervengono gli studenti:
“Renatino, posso dirti? Sei un grande”
“Sei il meglio”
“Ma davvero lavori 365 giorni l’anno?”
Renatino annuisce, senza proferire parola. A questo punto viene da chiedersi se fosse veramente questo l’intento del pluripremiato regista. Il personaggio di Renatino è mansueto davanti a queste dichiarazioni, ma le accoglie con un sorriso. Anche dopo diverse visioni non si riesce a capire come Renatino reagisca a queste affermazioni. Rimane ferito o è accondiscendente?
Fatto sta che il gruppo di ragazzi rimane incantato dalla dedizione che il casaro mette nel suo lavoro ricoprendolo di complimenti invece che compatirlo, alimentando così una realtà velenosa del nostro paese. Ossia che se ti spacchi la schiena guadagnerai stima dagli altri e forse, fra qualche anno, desterai l’attenzione dei tuoi superiori. Ma non per il duro lavoro, ma per gli infortuni che le massacranti ore di lavoro ti avranno inferto.
Sì perché nel mondo reale – che sembra precluso ai privilegiati come Genovese – nel 2021 i morti sul lavoro sono 1017, e l’anno deve ancora terminare. 448mila sono invece gli infortuni, uno ogni 50 secondi. Un dato spaventoso.
“Cioè tu non hai mai visto il mare?”. Renatino risponde di no.
“Parigi?”, nemmeno.
“Sciare?”, neanche.
La violenza di questo ultimo passaggio è disarmante. Gli studenti – che a questo punto hanno costruito un’immagine di sé molto riconoscibile e riconducibile alle fasce abbienti della società – sono ammaliati da Renatino. Il fascino esotico del povero lavoratore che per spirito di sacrificio rinuncia alle vacanze e al tempo libero.
“E sei felice?”
Renatino avrebbe sicuramente voluto rispondere di no, ma annuisce sommessamente.
Stacco e cambio location in un prato al tramonto dove gli studenti e il loro accompagnatore interpretato da Stefano Fresi si godono un picnic. “Lo sentite questo profumo?” chiede qualcuno “Questo è l’amore che ci mette Renatino”.
Un finale così bisognava aspettarselo. Un finale che cerca di fare leva sulle emozioni dell’ascoltatore, ma che finisce per prenderlo in giro. È un peccato che lo spot pubblicitario di un prodotto italiano dalla fama così grande come il Parmigiano Reggiano, affidato inoltre ad un artista del calibro di Genovese, debba finire per insultare la nostra popolazione. Da oggi il mondo saprà che dietro il prodotto autoctono che ha fatto la storia della cucina italiana e mondiale c’è un meccanismo di sfruttamento, disinteresse per il lavoratore e per i suoi diritti. Il totale annullamento per un sistema che non ci ripaga, ma ci prende in giro.