Lenta produzione dei semiconduttori: analisi, cause e previsioni

Lenta produzione dei semiconduttori: analisi, cause e previsioni

Da più di un anno diversi settori tech a livello globale sono in balia di una crisi che non sembra voler rientrare a breve: dal mondo dell’automotive a quello dei computer, passando per console, smartphone e altri dispositivi portatili, la penuria nei magazzini e la lenta produzione di nuovi chip ha portato ad ammanchi difficili da gestire. 

Alcune case produttrici come Nissan, Land Rover, Samsung e Apple hanno dovuto interrompere temporaneamente le loro produzioni, mentre altre come Sony e Microsoft si ritrovano ad esaurire continuamente le scorte di console next gen in attesa di nuovi pezzi da integrare nelle loro macchine, costringendo gli acquirenti a lunghe attese prima di poter garantire nuove disponibilità.

Indipendentemente dal settore in cui possono essere impiegati questi processori, il divario tra domanda e offerta potrebbe non riequilibrarsi ancora per diversi mesi. Ma come si è arrivati a questo livello di crisi? Perché queste ripercussioni sono così sentite dall’utenza digitale? Qual è la situazione attuale e cosa ci si può aspettare nell’immediato futuro?

PROBLEMI DI OFFERTA TRA COVID E MINING

Possiamo iniziare identificando due principali fattori che hanno contribuito a causare questa crisi: la pandemiaancora in corso, con tutte le conseguenze su smart working e didattica a distanza, e il fenomeno del mining.

Sebbene sia semplice intuire in che modo l’emergenza Covid abbia portato a un rallentamento o sospensione della produzione di processori nell’ultimo anno a causa di una maggiore richiesta di dispositivi elettronici per lavorare da casa o seguire le lezioni in DAD, più difficile è capire in che modo il mining abbia influenzato il mercato dei semiconduttori. 

COS’È IL MINING?

Il termine “mining”, da to mine in inglese, si può tradurre in italiano con estrarre e deriva dal tipo di scavi effettuati nelle miniere (mine, appunto). In ambito tecnologico, il mining fa riferimento al processo di “estrazione” delle criptovalute attuabile tramite una serie di calcoli, mentre il miner è una persona che effettua queste estrazioni. 

Semplificando molto il concetto, attraverso il processo del mining si possono ottenere dei bitcoin con una probabilità che aumenta in modo direttamente proporzionale al numero di calcoli effettuati (che sono necessari alla loro generazione), e di conseguenza anche alla potenza dell’hardware che quei calcoli li esegue. 

Il problema nasce dal fatto che, aumentando il numero dei miner negli anni, è anche aumentata la complessità dei calcoli da fare per generare, e quindi ottenere, queste criptovalute. 

Se in origine, quando i bitcoin non erano ancora così diffusi, il mining poteva essere effettuato su computer relativamente semplici, negli ultimi anni si è reso necessario ottenere macchine sempre più efficienti e dispendiose. 

Con l’aumentare della complessità dei calcoli da effettuare, trovare dei processori che fossero il più performanti possibili in termini di rapporto tra capacità di elaborazione ed energia consumata era diventato imprescindibile se si volevano ottenere dei risultati sostanziosi dal punto di vista di rientro economico. 

Tra i chip più idonei a questo tipo di lavoro, con un rapporto performance/consumi più vantaggioso, figurano le GPU (graphics processing unitunità di elaborazione grafica), ovvero le famose schede video, o schede grafiche, dei nostri computer e delle nostre console. 

L’acquisto in grandissime quantità di queste schede da parte di un numero sempre crescente di miner, in aggiunta ad un rallentamento nei cicli produttivi di questi processori e a una scarsa disponibilità generale di dispositivi elettronici, è ciò che ha determinato la cosiddetta crisi dei semiconduttori in silicio, che servono per realizzare i chip necessari alla produzione di componenti come CPU (central processing unitunità centrale di elaborazione), GPU e SoC (system-on-a-chipsistema su circuito integrato) per i device.

Se è facile capire l’importanza che hanno le CPU e i SoC rispettivamente per computer e dispositivi come smartphone e tablet, in quanto loro componenti principali, si può fare più fatica a capire quella delle GPU.

IL RUOLO DELLE SCHEDE VIDEO

Che siano impiegate in ambiti professionali oppure per configurazioni per hobby, un numero sempre crescente di utenti fa un uso estensivo di schede video dedicate, aggiunte nei computer per affiancare i processori centrali nel calcolo dei dati relativi alla parte grafica di diversi programmi, che è tra le più pesanti da elaborare. 

Per quanto concerne il mondo del gaming, ad esempio, è ormai difficile che le sole CPU dei computer riescano a far girare senza problemi i videogiochi pubblicati negli ultimi anni: ciò rende necessario accostare loro delle GPU avanzate, in grado di gestire al meglio il carico di dati per garantire una qualità d’immagine, una risoluzione e un framerate ottimali. 

Il discorso è simile per chi utilizza programmi di editing fotografico o video, di illustrazione o animazione e di rendering 3D: le schede video aumentano notevolmente la potenza di calcolo complessiva del computer e ciò fa sì che i tempi di elaborazione si riducano considerevolmente, aumentando per ogni professionista la velocità di produzione dei propri lavori e, di conseguenza, i guadagni.

Le schede video però non vengono solo prodotte per essere rivendute al dettaglio: una gran fetta del mercato di riferimento appartiene al mondo delle console. AMD NVidia, le maggiori e più note aziende produttrici di questo tipo di processori, nel tentare di rispettare le consegne e le scadenze contrattuali nei confronti di Sony, Microsoft e Nintendo (AMD produce i chip per PlayStation 5, Xbox Series X e Series S, mentre NVidia quelli per Nintendo Switch) stanno dando la priorità alla produzione delle loro schede rispetto a quelle da rivendere ai singoli utenti. 

Nonostante questo, a causa dei rallentamenti nelle filiere produttive e della scarsità di prodotti rimasti in stock, Sony e Microsoft ancora faticano a garantire la disponibilità delle proprie console di nona generazione, cosa particolarmente problematica se si considera che per entrambe il lancio è avvenuto solo lo scorso anno, ovvero in piena crisi. 

Nel tentativo di soddisfare per prime le necessità di queste aziende si sono di conseguenza lasciate quasi scoperte quelle dei singoli consumatori, relativamente al mercato PC. Ciò ha portato a un enorme vuoto in termini di offerta, il quale, a fronte di una domanda in continua crescita, è conseguito in un aumento vertiginoso di prezzi per le poche schede rimaste nuove in commercio. Un’alternativa potrebbe essere affidarsi al mondo dell’usato, ma anche lì i problemi non mancano. Perché?

USATO, OVERCLOCKING E SCALPING: PROCESSORI A PESO D’ORO

Il mercato dell’usato delle schede video presenta due problemi di non poco conto: il costo e le condizioni dei processori.

Inserendosi come quasi unica via per ottenere chip grafici in questo periodo e approfittando della situazione, la rivendita di hardware usato ha potuto godere di un aumento di prezzi vertiginoso anche per i modelli più vecchi. 

Le GPU di seconda mano, disponibili ad esempio su portali come eBay o Subito.it, vengono messe in vendita anche al doppio del loro costo originale. Oltre al fattore prezzo, che potrebbe scoraggiare eventuali acquirenti già da solo, c’è da considerare anche lo stato in cui queste schede possono essere vendute. 

Nonostante se ne trovino anche in buone condizioni o ricondizionate per funzionare quasi come nuove, si può rischiare di incorrere in pezzi consumati, le cui prestazioni possono calare anche del 10% rispetto allo stesso prodotto comprato nuovo, se non di più. La possibilità di trovarne non è così bassa purtroppo, e la ragione è di nuovo il mining. Le schede video utilizzate per “minare” criptovalute sono infatti spesso utilizzate in regime di overlocking, ovvero con una velocità di lavoro (frequenza di clock) di quella componente maggiore rispetto a quella prevista dal produttore: ciò consente al processore di performare a livelli altissimi, ma lo rende anche soggetto a temperature molto più elevate che, in aggiunta ai lunghissimi periodi di lavoro continuativo, fanno sì che queste schede si usurino molto più in fretta del normale, richiedendo sostituzioni più frequenti di quanto di solito non si facciano. 

Ecco perché acquistare una GPU usata da un miner potrebbe non essere affatto un buon affare.

Oltre a tutti i problemi nei quali si può incorrere nel mercato dell’usato, è bene sottolinearne uno che affligge i prodotti nuovi e che contribuisce a mantenerne i prezzi altissimi: lo scalping

LO SCALPING

Con il termine scalping si intende l’acquisto, in una breve finestra di tempo, di grandi quantità di un prodotto per poi rivenderlo a un prezzo più elevato di quello al dettaglio. In questo caso specifico, l’acquisto in stock di schede video, reso più semplice tramite dei bot creati appositamente per accaparrarsene grossi quantitativi il più in fretta possibile, perpetua la scarsità dell’offerta anche nei momenti di approvvigionamento dei magazzini per poi dare la parvenza di offrire un’alternativa, in realtà incredibilmente più costosa, lucrando sui singoli acquirenti spinti a dover spendere anche tre volte il prezzo originale per avere una GPU nuova. 

Qualcosa di simile era già successo con il lancio di PS5: a poche ore dalla messa in vendita, le scorte, che erano già limitate, si sono totalmente esaurite, per poi vedere spuntare lo stesso modello di console disponibile da altri rivenditori a prezzi stellari. 

Tra costi alti sia nel modo dell’usato che del nuovo, schede consumate, produzione lenta e scorte esigue il quadro che si prefigura non è di certo rassicurante per il prossimo futuro. Cosa possiamo aspettarci quindi? Quando finirà questa crisi?

PREVISIONI POCO RASSICURANTI

Attualmente, si calcola che la domanda di GPU sia superiore all’offerta delle principali case produttrici del 30% e che ci possano volere fino a 12 mesi anche solo per tornare in pari. 

L’attesa per un acquirente di ricevere i propri componenti si staglia ormai in media attorno alle 23 settimane, un tempo incredibilmente lungo, che pare destinato ad aumentare ancora. Considerando l’avvicinarsi delle festività natalizie avrebbe inoltre senso aspettarsi un’ulteriore impennata dei prezzi per CPU e GPU, a fronte di un prevedibile aumento nelle richieste. 

Se AMD ha palesato il suo pessimismo nei confronti di questa situazione, da casa NVidia sembrano arrivare alcune idee volte almeno ad arginare il problema. Una di queste è la progettazione di GPU appositamente pensate per il mining di criptovalute e più efficienti per questo scopo, così da diversificare l’offerta e non sovrapporre le fette di utenza di riferimento.

Un’altra sarebbe la distribuzione di aggiornamenti driver per le schede di fascia più alta al fine di renderle meno performanti se usate con software di mining, o addirittura una strutturale revisione delle schede grafiche a livello hardware studiata per renderle meno adatte a quel tipo di impiego.

Queste possibili soluzioni potrebbero sì rivelarsi efficaci, ma in ogni caso necessitano di tempo per essere attuate, specialmente quelle più sostanziali. Bisogna rassegnarsi al fatto che questa situazione non migliorerà presto, salvo imprevisti davvero poco probabili. Nemmeno il Black Friday o il Cyber Monday di Amazon con tutta probabilità riusciranno a compiere il miracolo. 

Che sia per le nuove console oppure per assemblare o aggiornare la configurazione del proprio pc, ci si può solo armare di pazienza e cogliere al volo un’occasione, se si dovesse presentare. Altrimenti, il consiglio è quello di posticipare questo tipo di progetti o risparmiare e prepararsi a spendere cifre più alte del previsto.