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Legge Severino: tra la proposta di abrogazione e le dichiarazioni di Nordio

La legge è entrata in vigore nel 2012 per contrastare il dilagare della corruzione, dopo che vari report dell’UE avevano stimato che questo fenomeno danneggiasse l’Italia per 60 miliardi di euro l’anno.

La normativa prevede l’incandidabilità, l’ineleggibilità e la decadenza automatica per i parlamentari, per i rappresentanti di governo, per i consiglieri regionali, per i sindaci e per gli amministratori locali in caso dicondanna a più di due anni di reclusione. Ha valore retroattivo e prevede, anche a nomina avvenuta regolarmente, la sospensione di una carica comunale, regionale e parlamentare se la condanna avviene dopo la nomina del soggetto in questione.

Per coloro che sono in carica in un ente territoriale, è sufficiente una condanna in primo grado non definitiva per l’attuazione della sospensione, che può durare per un periodo massimo di 18 mesi.

LE PROTESTE ED IL REFERENDUM ABROGATIVO

La legge, che nel 2013 aveva causato la decadenza di Silvio Berlusconi a causa di una condanna per frode fiscale nella compravendita dei diritti Mediaset, è stata criticata a lungo, poiché nella stragrande maggioranza dei casi si è rivolta contro sindaci e amministratori locali, i quali sono stati prima sospesi, costretti alle dimissioni o comunque danneggiati e poi assolti perché risultati innocenti nei successivi gradi di giudizio.

Critiche che hanno portato ad indire un referendum abrogativo lo scorso 12 giugno che, in caso di successo, avrebbe restituito al giudice la facoltà di decretare, caso per caso, l’interdizione dai pubblici uffici, oltre alla pena prevista. Ad onor del vero, il numero dei ‘Sì’ ha superato quello dei ‘No’, ma il risultato è stato invalidatoa causa del mancato raggiungimento del quorum – registrando uno storico 20,9%, dato minimo nella storia della Repubblica.

L’ATTEGGIAMENTO DI FDI E DELLE ALTRE FORZE DI COALIZIONE

Sembrava che il clamoroso fallimento del referendum dovesse essere in grado di mettere la parola fine a questa diatriba, ma così non è stato. Forza Italia e Lega hanno continuato a promuovere l’abolizione della legge, nonostante Giorgia Meloni abbia in più circostanze ribadito la propria contrarietà.

In un’intervista risalente al periodo precedente al referendum, la Premier aveva infatti dichiarato che la sicurezza e la lotta alla corruzione non fossero valori negoziabili per il suo partito e che un’abrogazione della normativa avrebbe rappresentato un passo indietro. Inoltre, avrebbe rischiato di dare il potere ad alcuni magistrati di scegliere quali politici condannati far ricandidare e quali interdire dai pubblici uffici.

Le dichiarazioni di Carlo Nordio non fanno altro che aggiungere benzina sul fuoco, spiazzando in particolare Forza Italia, che reclamava fortemente il Ministero della Giustizia anche per provare ad avere maggior influenza sulla questione. Berlusconi, oltre al danno causato dall’impossibilità di tenere fede alla promessa fatta in campagna elettorale circa l’abrogazione della legge, rischierebbe di esserne nuovamente vittima in caso di condanna nel processo Ruby ter, ancora in atto.

Il tradimento, inoltre, riguarderebbe anche la Lega, dato che Nordio era a capo di uno dei comitati promotori per la vittoria del ‘Sì’ al referendum abrogativo. Se la sua nomina era stata vista positivamente da FI, considerato il comune orientamento, l’ultima intervista rilasciata dal Ministro può segnare l’inizio di una nuova fase nei rapporti e negli equilibri interni alla coalizione.

Fratelli d’Italia ha sempre nutrito dei dubbi sull’eliminazione completa della legge Severino, la quale risulta essere molto più completa rispetto a come viene presentata dagli alleati di governo. Sembrerebbe che ci sia un accordo nell’eliminare la disparità di trattamento che attualmente esiste tra gli eletti in Parlamento e gli eletti in enti locali, prevedendo in tal modo in entrambi i casi la decadenza dalla carica a seguito di una condanna di primo grado. Per il resto, bisognerà ancora aspettare e negoziare.

Appare evidente, dunque, che la questione non è attualmente una priorità per FdI. Inoltre, Meloni sta procedendo con cautela in questo primo periodo alla guida del Paese. Modificare o abrogare la Severino, proprio mentre l’alleato Berlusconi è in attesa di sentenza, significherebbe offrire all’opposizione politica e civile una ghiotta occasione per muovere ancora una volta l’accusa, di berlusconiana memoria, di approvare leggi ad personam. Una linea prudente quella adottata dalla Premier – apparentemente condivisa dal suo Ministro della Giustizia – per cercare di conquistare un livello minima di fiducia anche tra i propri detrattori, ma che potrebbe causare allo stesso tempo malumori difficili da dimenticare tra le fila amiche.