Nel corso del 2022, il 30% circa delle famiglie italiane ha dichiarato di aver cercato strategie per limitare, rispetto all’anno precedente, la quantità e/o la qualità del cibo acquistato, a causa del forte aumento dei prezzi avvenuto nel 2022.
A certificare il dato è il report ISTAT “Spese per i consumi delle famiglie – anno 2022”.
Quello sopra citato è uno dei dati, tra i più eclatanti, che emerge dallo studio Istat, ma vale la pena vedere più nel dettaglio quale è il contesto in cui si è verificato questo andamento.
Lo studio nel dettaglio
Secondo lo studio, rispetto al 2021, nel 2022 la spesa media mensile per consumi delle famiglie – calcolata dividendo la spesa totale per il numero delle famiglie residenti in Italia – è salita (in valori correnti) dell’8,7% risultando pari a 2.625 euro.
Tuttavia, questa crescita in termini reali, al netto quindi dell’inflazione, risulta pressoché azzerata. Non solo, al suo interno la spesa equivalente (calcolata dividendo il valore della spesa familiare per un opportuno coefficiente di correzione) diminuisce del 2,5% per le famiglie meno abbienti, mentre per le famiglie più abbienti aumenta dell’1,8%. Inoltre, si allarga il divario territoriale: le famiglie residenti nel Nord-ovest hanno mediamente speso 782 euro in più rispetto a quelle residenti al Sud.
Il comportamento volto al risparmio, dichiarato dalle famiglie intervistate, trova conferma anche nei dati Istat sul commercio al dettaglio, che relativamente ai soli beni alimentari, registrano in media un aumento tendenziale in valore (+4,6%), soprattutto nei discount, e una diminuzione in volume (-4,3%). Per contrastare l’aumento dei prezzi e considerato che gli stipendi non aumentano, molte famiglie italiane hanno quindi cambiato qualitativamente e quantitativamente le loro abitudini di spesa rivolgendosi sempre di più ai discount.
Più nel dettaglio, si legge nel report Istat, è aumentata la quota di chi dichiara di aver limitato in quantità e/o qualità, rispetto ad un anno prima, la spesa per cibi (dal 24,4% al 29,5%), bevande (dal 29,6% al 33,3%) e per beni e servizi per la cura e l’igiene personale (dal 31,7% al 35,6%). La voce di spesa che le famiglie dichiarano di aver limitato maggiormente è quella per abbigliamento e calzature, a differenza dei due anni precedenti quando era la spesa per viaggi e vacanze. Restano, invece, stabili i comportamenti di acquisto relativi alle spese per sanità (78,4%, era il 76,9% nel 2021) e carburanti (67,1% contro il 66,5% del 2021).
Le reazioni
A fronte di questo quadro, non certamente esaltante, non sono mancate prese di posizioni dure da parte delle associazioni dei consumatori.
In particolare, il Codacons dichiara in un proprio comunicato che “i dati Istat sulle spese delle famiglie certificano l’effetto tsunami del caro-prezzi che nel 2022 ha pesato come un macigno sui consumi degli italiani“. In particolare, il presidente del Codacons Carlo Rienzi, sollecitata il Governo “a riflettere al fine di adottare le misure più efficaci per sostenere potere d’acquisto e consumi delle famiglie italiane“.