In quasi tutta Europa l’aborto è consentito su richiesta della gestante senza restrizioni se non quelle imposte dalle settimane di gestazione. Per l’Italia deve essere richiesto non oltre il trimestre ed, eventualmente, con autorizzazione dei genitori nel caso di minorenni.
Ci sono ancora, però, molti Stati del Vecchio Continente in cui l’IVG (Interruzione Volontaria di Gravidanza) non è consentita se non in casi di estrema gravità e, alle volte, neanche in questo caso.
Le leggi più severe si trovano a Malta dove lo Stato non fa eccezione nemmeno in caso di pericolo di vita per la donna.
L’aborto tra piccoli progressi e molti passi indietro
San Marino nel settembre 2021 ha approvato la legalizzazione dell’aborto in un referendum. Secondo i risultati definitivi è stato approvato con il 77,3 % dei Si e il 22,70% dei No.
Eppure sembra si stiano intensificando delle reazioni contro i diritti delle donne che intaccano le tutele esistenti e mettono in pericolo la loro salute.
Complicata la situazione in Polonia. Dal 1993 consente l’aborto solo in caso di malformazione del feto, stupro e pericolo di vita per la madre.
Tra ottobre e dicembre 2020 scoppiano diverse proteste antigovernative in tutto il Paese. Una reazione ad una sentenza della Corte costituzionale, composta principalmente da giudici nominati dal partito “Diritto e Giustizia”, partito polacco di estrema destra di ispirazione conservatrice clericale che ha rafforzato la legge contro l’aborto.
Un sentenza che fa scoppiare la rivolta
La sentenza ha reso illegali quasi tutti i casi di aborto, compresi i casi in cui il feto presenti una disabilità grave e permanente o una malattia incurabile e pericolosa per la vita.
Nel settembre 2021 muore una donna polacca di 30 anni per shock setticemico perché i suoi medici, a causa delle restrizioni imposte, non le hanno praticato un aborto terapeutico.
I deputati chiedono al governo polacco di garantire che nessun’altra donna in Polonia perda la vita a causa di questa legge così restrittiva.
Two Polish women died after being refused timely abortions. Many Poles are outraged — and protesting #Aborto #Polonia #UniónEuropea https://t.co/Pjm3T7GFFh
— Revista de Prensa "Almendron" (@BlogAlmendron) February 19, 2022
In Ungheria l’interruzione è rimasta legale, ma dopo il ritorno al potere di Viktor Orbán nel 2010 sono cresciuti gli ostacoli. Viene permessa solo in caso di gravi malformazioni del feto, quando la gravidanza mette a repentaglio la salute della donna o se è risultato di un crimine. Inoltre, alcuni finanziamenti statali vengono erogati agli ospedali solo se le strutture non praticano l’aborto.
Nel Principato di Monaco l’IGV è stata depenalizzata nel 2019, ma è prevista la sospensione per il personale medico che la pratica.
Nello Stato del Vaticano, come a Malta, non è consentito in nessuna circostanza. Anche nell’Irlanda del Nord la pratica è completamente vietata e le donne in questa parte del Regno Unito sono solite andare in Gran Bretagna per compiere un’interruzione di gravidanza o, addirittura, comprare pillole abortive illegali online, pratica molto pericolosa.
La Danimarca è il Paese che ha la legge più liberale. Lo Stato nord europeo permette l’aborto nel secondo trimestre di gravidanza anche per “motivi socioeconomici”, sebbene con rilascio di una particolare autorizzazione.
Non è solo una questione di legge
Oggi in Italia la donna può richiedere l’IVG entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali e familiari. Dal 1978 questo intervento è regolamentato dalla Legge 194/78, che descrive con chiarezza le procedure da seguire in caso di richiesta.
Ma, nonostante siano passati 44 anni da questa legge, l’aborto clandestino esiste ancora.
Qualcuno, giustamente, potrebbe chiedersi come mai ci si ritrovi ad ovviare a pratiche del genere sebbene l’Italia disponga di una legge che tuteli tale diritto. Il motivo è semplice e si chiama “obiezione di coscienza”.
L’obiezione di coscienza rende assurdamente difficile interrompere la propria gravidanza in Italia: esistono almeno 72 ospedali che hanno tra l’80 e il 100% di obiettori di coscienza e circa 22 ospedali e 4 consultori con il 100% (dati riportati dall’Associazione Luca Coscioni).
A causa di ciò le donne sono spinte a ricorrere a forme di aborto non sicure.
“Ogni 15 minuti nel mondo una donna muore a causa delle complicazioni derivanti da un aborto illegale. Significa circa 60 mila vittime l’anno” così hanno scritto gli eurodeputati Iratxe Garcia e Fred Matic del partito politico S&D.
Se questa problematica non fosse già abbastanza difficile da gestire, si aggiungono i cosiddetti movimenti “anti-scelta”.
Questi collettivi contro l’aborto si riuniscono fuori dalla cliniche e cercano di convincere le donne a non entrare.
Per farlo recitano slogan, pregano, mostrano cartelli e fanno vedere alle donne piccoli feti di plastica.
La recente legge spagnola
A tal proposito il Parlamento di Madrid ha approvato una legge che punisce con il carcere chi prova a intimidire o molestare una donna che sta per eseguire un aborto.
In Spagna l’aborto è depenalizzato dal 1985 per stupro, malformazione fetale e grave rischio per la donna.
Solo dal 2010 c’è la piena legalizzazione fino alle quattordicesima settimana di gestazione.
Recita il testo della legge:
Chiunque, al fine di ostacolare l’esercizio del diritto all’interruzione volontaria di gravidanza, metterà in atto contro una donna atti molesti, offesivi, intimidatori o coercitivi che ledano la sua libertà, verrà punito dai tre mesi ad un anno di reclusione. Oppure sarà sottoposto a lavori socialmente utili.
Molti antiabortisti hanno manifestato fuori dal Senato spagnolo, sostenendo che viene criminalizzata la loro attività in maniera ingiustificata.
Nel cuore dell’Europa continuano a esistere alcuni “buchi neri” dove viene negato un diritto che dovrebbe essere inviolabile.