Nella giornata di domenica si sono tenute le Elezioni Presidenziali in Turchia, che hanno visto ottenere il 49,4% al Presidente uscente Erdogan e il 44,9% al suo sfidante Kilicdaroglu. Siccome nessuno dei due ha ricevuto il 50% dei voti necessari per la vittoria, per la prima volta nella storia il capo dello Stato è costretto ad andare al ballottaggio, che si terrà il 28 maggio.
Durante lo spoglio ci sono state grosse polemiche, con l’opposizione che ha accusato l’agenzia stampa di stato turca Anadolu di comunicare appositamente i risultati in modo da far apparire Erdogan saldamente in vantaggio, ritardando il conteggio dei voti che provenivano dalle aree favorevoli a Kilicdaroglu.
Infatti, ad inizio spoglio, Erdogan veniva dato quasi al 60% delle preferenze, vedendo però la percentuale abbassarsi di ora in ora, fino ad arrivare al 49,4% definitivo. A fine spoglio entrambi gli sfidanti hanno dichiarato di essere in vantaggio e hanno contestato l’uno i risultati annunciati dall’altro.
Ma chi è Kilicdaroglu?
È il leader del Partito popolare repubblicano (CHP), il principale partito d’opposizione: è stato scelto come unico candidato da sei partiti dell’opposizione. Soprannominato il “Gandhi Turco” per via del suo stile conciliante e per il fatto di guidare nel 2017 “la marcia della giustizia”, una manifestazione politica da lui ideata per protestare contro gli arresti e le purghe di migliaia di dissidenti all’indomani del tentato golpe del luglio 2016.
Uno dei momenti clou della sua campagna è stato quando ha rivelato di essere di fede alevita. Questa minoranza, che osserva riti e regole diverse rispetto a quelli dell’Islam tradizionale, in Turchia è stata vittima di discriminazioni e massacri. Alcuni sunniti estremisti considerano ancora oggi gli aleviti come degli eretici e si rifiutano addirittura di mangiare un piatto cucinato da loro ritenendolo “impuro”.
Della sua campagna saranno ricordati gli spot girati intorno al tavolo della sua cucina. In uno di questi video è apparso con una cipolla in mano, avvertendo che i prezzi continueranno a salire se Erdogan rimarrà al potere. “Ora, un chilo costa 30 lire. Se resta costerà 100 lire”.
Cosa succederà ora?
Oltre a Erdogan e Kilicdaroglu c’era anche un candidato minore: il nazionalista Sinan Ogan, che ha superato di poco il 5% e con il suo ruolo che ora diventa decisivo. Nonostante sia un politico di destra, con posizioni molto rigide sull’immigrazione e per il mantenimento dei valori conservatori turchi, non ha dato indicazioni precise su chi votare, ma ha suggerito ai suoi elettori di scegliere chi può garantire maggiore stabilità al Paese.
In ottica estera, l’eventuale vittoria di Kilicdaroglu potrebbe avere due effetti principali: la riapertura di un dialogo con Ankara per l’adesione della Turchia nell’Ue, ad oggi in fase di stallo, e sbloccare l’entrata della Svezia nella Nato, finora bloccata da Erdogan per via del rapporto che il paese scandinavo ha con i combattenti curdi.
Tuttavia, sconfiggere Erdogan non sarà un’impresa facile, dato che egli possiede il pieno controllo dei media e dell’apparato statale, oltre che una solida base di fedeli. Chiunque guiderà il Paese si troverà davanti ad una situazione di grande polarizzazione, come mai accaduto prima. Ma per la prima volta in oltre 20 anni c’è la sensazione che il dominio di Erdogan possa realmente finire.