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La rete idrica italiana perde in media il 36% dell’acqua che trasporta

.Con il termine ‘rete idrica’ si intende la conduttura primaria utilizzata per spostare l’acqua dall’impianto di depurazione in cui è primariamente trattata, fino ai centri cittadini e alle case dei consumatori.

La rete idrica italiana

In Italia la rete idrica si estende per circa 425mila km. Il 60% è stato steso da oltre 30 anni e il 25% può invece contare più di 50 anni di ‘onorata carriera’. Nonostante le condizioni in cui gettano le tubature, che diventano sempre più precarie mano a mano che ci si avvicina ai centri abitati, secondo il FAI (Fondo Ambiente Italiano) il tasso nazionale di rinnovo è pari a 3,8 metri per km di rete.

Ciò comporta che, al ritmo attuale, per sostituire l’intera rete sarebbero necessari oltre 250 anni.

Da dove proviene l’acqua che arriva nelle case?

L’acqua che arriva ai depuratori e che poi raggiunge i nostri rubinetti proviene inizialmente da sotto terra – se estratta da bacini idrici o da falde acquifere – oppure da bacini di raccolta o laghi, nei luoghi dove naturalmente o artificialmente va a raccogliersi l’acqua piovana.

Al contrario di altri Paesi come Spagna o Cipro, in Italia non esiste alcun obbligo di riutilizzo delle cosiddette acque grigie o reflue. Infatti, non vengono recuperate per alcun tipo di uso domestico per i quali potrebbero essere utilizzate, come gli sciacquoni o l’irrigazione di un giardino.

A causa di una delle più stringenti normative in Europa sulla qualità dell’acqua, in molti casi le acque grigie non possono essere usate a scopo irrigatorio nemmeno dopo la loro depurazione. Sono costrette a passare attraverso sistemi di trattamento costosi e incredibilmente dispendiosi a livello energetico.

Il percorso dell’acqua e le perdite: un’Italia fatta di disparità

Come possiamo vedere dal report dell’ISTAT per il triennio 2018-2020, nel 2018 dei circa 8 miliardi di litri d’acqua immessi nelle infrastrutture idriche italiane solo 4,7 hanno raggiunto veramente i destinatari. Una perdita totale di oltre 3 miliardi di litri d’acqua. Tali perdite sono tipicamente attribuibili alla poca manutenzione degli impianti, a fattori fisiologici presenti in ogni tipo di tubazione idrica, ma anche a fattori amministrativi, come possono essere gli errori di misura dei contatori o addirittura gli allacci abusivi, che si stima equivalgano a circa il 3% delle perdite totali.

Nonostante le condizioni della rete idrica non possano essere definite soddisfacenti in nessuna parte d’Italia. Esistono delle marcate differenze tra provincia e provincia e tra una città e l’altra. A dare speranza sono principalmente le città e le regioni del Nord. Ad esempio Milano – che si attesta intorno al 18.7% di perdite – e la Valle d’Aosta, che si afferma come la regione più virtuosa d’Italia con ‘solo’ il 22%  di acque perse.

Molte delle città ‘meno virtuose’ si collocano purtroppo al Sud, in un territorio già spesso gravato da problemi di siccità e disponibilità idrica. Come Catania – che arriva al 54,7% di perdite totali – e Bari, che si ferma al 51,2%. Considerando le province, invece, i bollini rossi italiani vanno cercati nel Centro come, ad esempio, Frosinone e Latina, che raggiungono picchi pari rispettivamente all’80,1% e al 74% di perdite totali.

Esiste ancora la possibilità di cambiare?

Di fronte a dati così drammatici si potrebbe pensare che la situazione sia insostenibile e sia destinata unicamente a peggiorare. Eppure, non tutto è perduto. Questo potrebbe essere un periodo di svolta.

Infatti, grazie ai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) l’Italia riceverà oltre 2,9 miliardi di euro indirizzati proprio a finanziare importanti interventi per migliorare e modernizzare la rete idrica, come parte della Missione 2 denominata ‘Rivoluzione verde e transizione ecologica’.

Il treno del cambiamento, quindi, potrebbe passare giusto ad un passo da noi, ma ogni possibilità comporta una responsabilità. Saremo in grado di sfruttare queste risorse per cambiare davvero le cose?