Abbiamo ben 58 patrimoni UNESCO in Italia, ma siamo all’ultimo posto in Europa per spesa pubblica destinata all’educazione e al penultimo posto per quella destinata alla cultura.
I Sassi di Matera, la Costiera Amalfitana, la Reggia di Caserta, le Dolomiti, ma non solo: i 58 siti protetti dall’UNESCO in Italia sono un record a livello mondiale. Il secondo posto in questa speciale classifica se lo aggiudica la Cina, ferma a 56, seguita da Spagna e Germania rispettivamente a quota 50 e 49.

IL PARADOSSO DELL’ITALIA DEI PATRIMONI UNESCO
La situazione in Italia è paradossale. Analizzando le spese volte a preservare il patrimonio culturale, ci si rende conto che si trova al terzultimo posto per budget destinato ai beni protetti – davanti unicamente a Gran Bretagna e Irlanda – con solo lo 0.7% del PIL utilizzato.
Allo stesso modo, il Belpaese è appena 19esimo – su 28 – per impiego di persone nel settore della cultura. Si tratta, secondo quanto riporta Eurostat, del 3.4% della popolazione. Allo stesso tempo, il numero di laureati che trovano un lavoro in questo settore sono meno del 50%.
Numeri decisamente troppo bassi se paragonati al quantitativo di arte presente sul territorio. Si trascura quindi l’enorme potenziale delle attività culturali, che potrebbero generare introiti ben superiori ai 554 miliardi che già fatturano.
In Europa, benché la tendenza si inverta in ambito lavorativo con 8.4 milioni di impiegati, la spesa pubblica destinata a “ricreazione, cultura e religione” è stata, nel 2015, di quasi 153 miliardi di euro.
Si tratta di una cifra irrisoria, pari all’1% del PIL europeo e superiore solamente allo 0.6% previsto per “alloggi e comunità”.
Se per le spese di difesa militare si spende, a livello europeo, l’1.4% del PIL, la domanda che sorge spontanea è la seguente: l’arte, la cultura e tutto il patrimonio che ne derivano sono davvero così poco importanti?