Lo scorso 12 ottobre, l’ISTAT ha pubblicato lo studio “Giovani del Mezzogiorno: l’incerta transizione all’età adulta”, che propone una riflessione sulla condizione giovanile con particolare focus sul Mezzogiorno d’Italia. L’analisi fa riferimento alla fascia d’età 18-34 anni, caratterizzata da un progressivo prolungamento dei percorsi formativi, da un tendenziale prolungamento della permanenza presso la famiglia (cd. “moratoria del distacco”) e dal difficile ingresso nel mondo del lavoro.
Le principali evidenze dello studio
Il primo dato eclatante riguarda la riduzione strutturale della consistenza demografica della fascia di età 18-34 anni. Nel 2023 essa si è ridotta di oltre 3 milioni di unità (-23,2%) rispetto al 2022, e conta 10 milioni 200mila unità.
L’Italia è il Paese Ue con la più bassa incidenza di 18-34enni sulla popolazione (nel 2021 17,5%; media Ue 19,6%). Il nostro Paese viaggia verso l’inverno demografico.
Questa tendenza non è una caratteristica di questi ultimi anni ma, come sottolinea lo studio, “È un fenomeno attivo fin dai baby-boomers (nati fra il 1956-’65), ma che ha subito un’accelerazione a partire dai cosiddetti millennials (nati fra il 1981-‘95)”.
La progressiva riduzione della fascia di età 18-34 anni è stata molto significativa Mezzogiorno d’Italia, con una flessione del 28% rispetto al 2022. L’Istat prevede il che, nel lungo periodo (2061), gli ultrasettantenni saranno il 30,7% della popolazione residente nel Mezzogiorno contro il 18,5% del Centro-nord.
Un secondo fenomeno degno di rilievo è il più lungo e complicato percorso verso l’età adulta. Infatti, si dilatano sempre più i tempi di uscita dalla famiglia di origine e si ritarda la creazione di una famiglia propria. Il fenomeno è particolarmente evidente nel Mezzogiorno dove il 71,5% dei 18-34enni nel 2022 vive in famiglia (64,3% nel Nord Italia; 49,4% nell’Ue a 27).
Anche rispetto ai tempi di studio si rileva una generale propensione al prolungamento del periodo del percorso degli studi universitari, in particolare, per i giovani meridionali, i cui tempi sono spesso più lenti poiché inficiati da una significativa “emigrazione studentesca”.
Negativa anche la situazione sul fronte del mondo del lavoro. Nel Mezzogiorno, dove la carenza di opportunità lavorative stabili non è di certo una novità, si registra un peggioramento della situazione fra i “millennials” il cui tasso di attività (20-34 anni) si riduce ulteriormente al 54,4% mentre il tasso di disoccupazione resta molto elevato (23,6%) rispetto al 9,1% nel Centro-nord.
Infine, conclude lo studio ISTAT, la difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro influisce negativamente sulla qualità della vita, in particolare per i giovani meridionali. Oltre un giovane meridionale su due (51,5%) si dichiara è insoddisfatto della propria situazione economica ma le cose non vanno certo meglio nel resto del Paese (40,7% nel Centro-nord).