L’Irlanda ha convertito in legge i regolamenti 2023 sulla salute pubblica riguardanti l’etichettatura dei prodotti alcolici. La legge prevede che le etichette degli alcolici indichino il contenuto calorico e i grammi di alcol contenuti nel prodotto.
Avvertiranno del rischio di consumare alcol durante la gravidanza e di quello di malattie del fegato e tumori mortali dovuti al consumo di alcol. Le etichette indirizzeranno il consumatore al sito web di HSE, www.askaboutalcohol.ie, per ulteriori informazioni.
“E’ una politica che va bene perché l’alcol è negativo, è cancerogeno e quindi tutto quello che si può fare per diminuire i consumi è importante”. Così dice Silvio Garattini, presidente dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs, che prende come esempio un settore in cui a suo dire la strategia ha funzionato: il fumo. “Quello che è stato fatto per le sigarette è stato importante, perché è diminuito molto il consumo nel tempo”.
Secondo la Coldiretti l’entrata in vigore della legge sulle etichette allarmistiche del vino in Irlanda sarebbe “un precedente pericoloso che mette a rischio il record nelle esportazioni di vino Made in Italy di 7,9 miliardi realizzati lo scorso anno. Una decisione che si auspica possa essere ridiscussa nel comitato barriere tecniche in sede WTO il 21 giugno dove verranno presentate ufficialmente le obiezioni già anticipate da diversi Paesi a partire dagli Usa, che sono il principale consumatore di vino. Ma è anche importante che la Commissione Europea monitori gli effetti sul mercato interno per valutare la possibilità di aprire una procedura di infrazione”.
L’infettivologo Matteo Bassetti ha commentato che “Equiparare ‘tout court’ il vino alle altre bevande alcoliche, come birra o superalcolici, è un errore. Nessuno nega che nel vino c’è l’etanolo che ha effetti cancerogeni, ma sappiamo bene che ci sono effetti anche positivi. Credo che mettere l’etichetta sul vino dicendo ‘nuoce alla salute’ sia giusto se la stessa viene posizionata su tutte le cose che nuocciono alla salute, dalle merendine alle conserve o alle bibite gassate. Oppure i prodotti dove ci sono conservanti e coloranti. Quella in Irlanda è una crociata contro il vino, evidentemente è un esercizio giusto da un certo punto di vista ma è uno squilibrio farlo per il vino e non per altri prodotti”.
Coldiretti sottolinea che si tratterebbe di una norma distorsiva del commercio che è il risultato di un “approccio ideologico nei confronti di un alimento come il vino che – sostiene la Coldiretti – fa parte a pieno titolo della dieta mediterranea e conta diecimila anni di storia e le cui tracce nel mondo sono state individuate nel Caucaso mentre in Italia si hanno riscontri in Sicilia già a partire dal 4100 a.c.”.
Anche se le esportazioni di vino italiano in Irlanda sono state nel 2022 pari ad appena 45 milioni di euro, la decisione rischia però di aprire le porte in Europa e nel mondo ad una normativa che colpirebbe una filiera che in Italia vale 14 miliardi di euro, dal campo alla tavola garantisce 1,3 milioni di posti di lavoro ed è la principale vice dell’export agroalimentare. Anche in Italia e nel resto d’Europa avremo le etichette del vino e degli alcolici simili a quelle delle sigarette? Vedremo.