Un gruppo di ricercatori di varie università tra cui Harvard e Oxford, hanno spiegato sulle pagine della rivista World Psychiatry come il contatto prolungato con gli strumenti digitali ci abbia resi più abili nell’occuparci di più mansioni contemporaneamente ma sempre meno capaci di mantenere la concentrazione su un singolo compito.
Essere ”bombardati” di notifiche fa in modo che la nostra attenzione venga dosata in più unità a seconda degli stimoli
“Oggi possiamo fruire di informazioni e notizie senza soluzione di continuità, il che sembra stia alterando i modi in cui il nostro cervello memorizza e persino valuta i contenuti cui è esposto” ha confermato Joseph Firth, ricercatore dell’università di Manchester che ha condotto lo studio.
Secondo una ricerca condotta da Wired, il 50% degli utenti di TikTok trova stressanti i video sopra il minuto di lunghezza e non è un caso che giganti del calibro di Spotify e Instagram si siano uniformati alle modalità del social cinese, riprendendone sia la durata media dei contenuti che le sembianze.
In ambito musicale il trend viene confermato da una ricerca di Quartz: in 5 anni (dal 2013 al 2018) la durata delle canzoni in top 100 è diminuita da 3.50 a 3.30 minuti, di cui il 6% di queste sotto i due minuti e mezzo.
Ciò non ha necessariamente leso la qualità dei brani, basti pensare che Kendrick Lamar, passato da una media per canzone in un album di 5 minuti e 37 secondi a una di 3.49 minuti, ha comunque vinto il premio Pulitzer nel 2018.
Rimanendo in tema, secondo un’analisi condotta da Music Machinery, il 25% delle persone passa al brano successivo entro i primi 5 secondi mentre il 50% prima che il brano termini.
Considerata la diretta proporzionalità tra durata del brano e probabilità che venga ”skippato’, gli algoritmi delle piattaforme streaming non fanno altro che premiare e promuovere ciò l’ascoltatore medio ricerca.
Anche il mondo dell’informazione digitale sembrerebbe aver risentito del calo generale dell’attenzione, dando spago alla diffusione di titoli clickbait o fake news.
il ”The Science Post” ad esempio, creò per un esperimento un articolo fittizio dal titolo: “Ricerca: il 70% degli utenti di Facebook legge solo il titolo di quello che condivide” venendo condiviso circa 46mila volte. Il problema? il testo al suo interno era stato riempito in lorem ipsum
Essere ”multitasking” porta ad essere perennemente impegnati ed esser costretti a raccogliere le informazioni in maniera superficiale e quanto meno dispendiosa possibile. Ottenere l’attenzione di un lettore medio dalla prima all’ultima parola scritta in un articolo sta diventando ad oggi un’impresa a tratti utopistica.