Il Quiet quitting spiegato: ecco come sta cambiando il modo di vivere il lavoro

Dare una definizione esatta di Quiet quitting non è affatto cosa facile, date le condizioni in cui questo movimento è nato e come si è sviluppato. Il termine ‘Quiet quitting’ ha infatti avuto origine su TikTok, dove, sull’onda della Great Resignation – periodo post-Covid in cui milioni di persone nel mondo hanno dato dimissioni cercando condizioni migliori – ha raggiunto in poco tempo oltre 9 milioni di visualizzazioni.

Diffondendosi soprattutto tra i giovani, la pratica del Quiet quitting è nata come una più sana alternativa all’hustle culture, la propensione a concentrarsi unicamente sul lavoro come prima e sola priorità, dedicando la vita alla propria professione. Letteralmente, il termine indicherebbe l’attitudine a fare unicamente lo “stretto necessario” a lavoro, senza impegnarsi più del minimo ed evitando ogni forma di straordinario o di impegno extra dopo l’orario lavorativo.

Il Quiet quitting rappresenta quindi una reazione spontanea rispetto alle numerose situazioni, diffuse in tutto il mondo, in cui viene ignorata completamente la dimensione umana del lavoratore. Senza veri incentivi a dedicarsi al proprio lavoro e, soprattutto, senza la prospettiva di riuscire a realizzarsi, è in continua crescita tale modalità di affrontare il lavoro.

Perchè il Quiet quitting ha convinto così tanti giovani?

All’interno di un mercato del lavoro sempre più competitivo, che richiede da ogni lavoratore una mole di sforzo enorme per emergere o per affermarsi, problemi di burnout o di over-working diventano sempre più frequenti. Come ha testimoniato lo studio di BVA Doxa sul benessere psicologico dei giovani italiani sul posto di lavoro, un italiano su due sotto i 34 anni ha lasciato il posto di lavoro per problemi legati alla salute mentae. In particolare, oltre l’80% dei lavoratori ha provato uno o più dei sintomi del burnout, come insonnia, depressione o attacchi d’ansia.

Rispetto al guadagno e ai traguardi lavorativi, il Quiet quitting pone come priorità la salute, il benessere psicofisico e la possibilità di dedicarsi, al di fuori dal lavoro, alle proprie passioni, avendo ancora forza e attenzione per farlo. Uno studio dell’IBM Institute for Business Value (IBV) del 2021, con un target principalmente under 35, ha evidenziato come ormai le principali ragioni per cui si cerca un differente lavoro sono maggiore flessibilità (32%), compiti e ruoli più soddisfacenti (27%) ed un maggiore equilibrio tra lavoro e vita privata (51%).

I dati ci consegnano il ritratto di una mentalità che sta gradualmente cambiando, portando parte del mondo del lavoro con sé. Insieme alle esigenze dei giovani sono molte le aziende che stanno cambiando rotta, al fine di creare ambienti lavorativi più adatti ed attirare nuove leve competenti, capaci e motivate, soprattutto all’estero.

Da TikTok alla quotidianità, i possibili problemi del Quiet quitting

Come spesso accade, le cose possono variare notevolmente dalla teoria alla pratica, soprattutto quando si trattano tematiche delicate come lavoro o salute mentale. Infatti, numerosi esperti stanno mettendo in guardia sui possibili rischi di praticare il Quiet quitting a lungo termine. Il distacco mentale dal lavoro, l’incapacità di riuscire a raggiungere traguardi impegnativi e la poca costanza nello sviluppare nuove capacità potrebbero portare, infatti, ad un circolo vizioso, che aumenta continuamente la distanza e allontana la soddisfazione.

Di fronte a situazioni di attrito, come quelle che possono nascere in un’ambiente lavorativo non sano, oltre al cercare un proprio modo di far fronte allo stress, è fondamentale trovare un percorso sul lungo periodo e, qualora lo si reputi necessario, valutare l’assistenza di un esperto.