Oggi hanno inizio i mondiali di calcio, ospitati dal Qatar e a cui la nazionale italiana – come tutti sanno – non si è qualificata. Da quando, nel 2010 venne decretato che si sarebbe giocato in Qatar, le polemiche sono state molte e praticamente tutte condivisibili. Amnesty International ci ricorda che le donne in quel Paese continuano a subire discriminazioni per legge o nella prassi, che le persone omosessuali vengono criminalizzate e perseguite, e che le libertà di associazione, di espressione, di manifestazione e di stampa sono subordinate a leggi marcatamente repressive.
Secondo un’inchiesta del Guardian del 2021, almeno 6.500 lavoratori provenienti da vari Paesi sarebbero morti per permettere il calcio d’inizio dei Mondiali. Ed è di poche settimane fa la notizia secondo cui migliaia di lavoratori stranieri sarebbero stati sfrattati con pochissimo preavviso dalle loro case per fare spazio ai tifosi. Davanti a tutto questo, è lecito chiedersi se è giusto che lo spettacolo vada avanti comunque.
L’auspicio è che l’apertura al mondo grazie ai Mondiali di calcio porti il Qatar ed altri Paesi dell’area a migliorare con decisione la condizione del rispetto dei diritti umani e sociali. Nel frattempo non si può chiudere gli occhi su ciò che è stato in questi anni. Non è troppo tardi affinché il Qatar e la Fifa si impegnino pubblicamente a riconoscere i dovuti risarcimenti per le famiglie dei lavoratori morti nei cantieri o vittime di infortuni, sfruttamento, mancate retribuzioni.