Studentessa si toglie la vita in università: ma per l’ennesima volta è il sistema ad aver fallito

La giovane studentessa è stata ritrovata nei bagni dell’ateneo milanese insieme ad un bigliettino nel quale descriveva il suo percorso di studi come un fallimento.

 

La tragedia della studentessa dell’università milanese è solo la naturale conseguenza di un sistema malato, improntato sul mito dello studente perfetto che prevale su ogni principio di tutela del benessere psicofisico.

Riportare nelle aule la leggerezza dello studio

 

La diciannovenne venuta a mancare era al primo anno di università ma probabilmente non era la prima volta che affrontava la pressione del rispettare le aspettative. Fin dai primi anni del percorso scolastico siamo abituati a confrontarci costantemente con gli altri e con le attese dei propri genitori.

Lo studio, in particolare con l’università, sta diventando sempre più oggetto di ansie e sempre meno di interesse e passione. A lungo andare, riempire gli studenti di paragoni con l’eccellenza senza educarli al fallimento può risultare estremamente pericoloso.

Se da una parte i giovani hanno modelli di perfezione, più o meno discutibili, da poter inseguire ossessivamente, la normalità non sembra esser contemplata.

L’unico fallimento è quello dell’istruzione

 

Secondo i dati ISTAT dei circa 8 milioni e 200 mila giovani dai 12 ai 25 anni il 10% non si considera soddisfatto della propria vita. In riferimento alla scuola, solo il 10% dei quindicenni ha dichiarato di andarci volentieri.

Dietro questo velo di insoddisfazione si cela un problema ancora più grande: la salute mentale dei giovani. Un caso di tentato suicidio al giorno, è questa l’allarmante statistica che emerge dall’ultimo report dell’Osservatorio suicidi della Fondazione Brf.

Numerosi studenti non hanno retto all’angoscia di essere fuoricorso o di non aver superato un esame. Nello specifico l’ansia di finire gli studi in tempo ha relegato chi sfora tale limite nell’umiliazione più totale.

Lo status di fuoricorso sebbene sia demonizzato come situazione delimitata solo ai non meritevoli riguarda il 30,5% degli studenti totali. Normalizzare i ritardi e gli ”incidenti di percorso” attraverso dati come questi potrebbe far sentire tanti studenti meno soli.

Il ruolo dei media sulla faccenda

 

Giulia Grasso, laureata in Lettere all’università di Bari, ha voluto dedicare la sua tesi a tutti coloro che hanno deciso di lasciare questo mondo per i loro ”fallimenti”, sottolineando come i media abbiano una forte responsabilità.

Riempire le pagine d’informazione di storie di lauree ”eroiche a tutti i costi” per poi piangere nell’articolo successivo l’ennesima vittima delle pressioni sociali fa parte di un sistema deleterio per la salute.

Sentir parlare di neolaureate che reputano il sonno opzionale e motivo di perdita di tempo, ha messo alla dura prova la stabilità anche delle menti più stabili, vittime ormai di una gara che non ha vincitori ma solo sconfitti.