Tra calo demografico, giovani che vanno all’estero o al nord, rischieremo di avere atenei fantasma
Tra gli effetti della denatalità e l’innalzamento dell’età media in Italia troviamo il calo delle iscrizioni negli atenei italiani.
Nel 2021/2022 ci sono state 10 mila immatricolazioni in meno rispetto al precedente anno accademico, su un totale di 317 mila del precedente anno accademico.
Un problema che riguarda il sud Italia
A soffrire maggiormente del calo demografico saranno gli atenei del Mezzogiorno, che, come conferma Taltents Venture, a causa dei flussi degli studenti fuorisede e la bassa natalità, rischia di ritrovarsi con degli atenei fantasma.
Le migliaia di studenti del sud Italia molto spesso valutano la possibilità di iscriversi in facoltà nel Settentrione non solo per la qualità degli atenei ma anche per la disponibilità di molti corsi di laurea.
In un periodo in cui si discute di autonomia differenziata, che amplificherebbe le diseguaglianze tra le regioni, ci sono questioni che riguardano maggiormente alcuni territori del Bel Paese.
Il calo demografico incide fortemente sulle iscrizioni all’università
”Parlare di declino demografico significa discutere dell’esistenza stessa di molte sedi didattiche oggi attive. Le preoccupazioni riguardano soprattutto i territori più fragili, come quelli del Mezzogiorno, in cui gli atenei dovrebbero essere fondamentali leve di sviluppo.”
Queste le parole di Pier Giorgio Bianchi, CEO di Talents Venture, che poi ha continuato dicendo ”Si pensi che le 15 sedi didattiche presenti nei territori che registreranno il declino demografico più severo sono nel Sud Italia”.
Per recuperare l’attrattività che hanno molti atenei del Nord vi è la necessità di investimenti non solo nell’istruzione ma anche nel welfare delle regioni che maggiormente soffrono questa competizione.
Perché è importante dare una risposta al problema natalità
La bassa natalità incide sulle iscrizioni annuali all’università ed a rischiare sono anche numerosi corsi di laurea notoriamente frequentati da pochi studenti.
Mantenere una varietà di corsi di laurea è fondamentale e, considerando che il 18% dei corsi aveva 20 iscritti o meno, il rischio che questi scompaiano è molto alto.
In secondo luogo, se il trend negativo sulla fascia 18-21 anni si confermasse, le minori entrate nel 2040 rispetto al 2020 potrebbero ammontare a oltre 600 milioni di euro.
Oltretutto, ad incidere sulla battuta d’arresto delle iscrizioni all’università è la non sicurezza di occupazione post laurea. Se un tempo per ottenere un lavoro non era strettamente necessario un titolo post diploma, adesso le difficoltà sono maggiori.
I dati negativi delle iscrizioni come punto di ripartenza
Oltre a dimostrare quanto la situazione del sud Italia sia da monitorare, sia in termini di competitività che di qualità dell’insegnamento, i dati confermano l’importanza dei fondi del PNRR.
I numeri raccontano una realtà in cui gli investimenti su agevolazioni e incentivi per i meno abbienti sono insufficienti, con moltissimi fuorisede in forte difficoltà nel sostenere le spese quotidiane.
Fra qualche anno sarà possibile, confrontando i dati futuri con la situazione attuale, verificare quanto gli investimenti fatti grazie ai fondi europei dedicati all’istruzione ed alla natalità siano stati incisivi.