falcone

Giovanni Falcone: l’uomo che sfidò la mafia

Giovanni Falcone è stato una delle personalità più importanti e prestigiose nella lotta alla mafia sia in Italia, sia a livello internazionale.
Tra i primi a comprendere la struttura unitaria e verticistica di Cosa Nostra, ha creato un metodo investigativo diventato modello nel mondo .
Fu ucciso da Cosa Nostra insieme alla moglie Francesca Morvillo e ai tre uomini della propria scorta il 23 Maggio 1992.

L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e
non farsi condizionare dalla stessa.

Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza”

Il maxiprocesso: la vittoria più grande del giudice Falcone

Rigorose indagini patrimoniali e bancarie, ostinata caccia alle tracce lasciate dal denaro e il lavoro di squadra sono stati i suoi punti cardi, le “armi” con le quali –  insieme al pool antimafia – ha istruito il primo maxiprocesso a Cosa Nostra, un vero e proprio capolavoro giudiziario.

L’eccezionale impegno di un manipolo di magistrati guidati da Falcone portò alla sbarra 475  persone tra boss e gregari di Cosa Nostra. Il processo si concluse con 19 ergastoli e condanne a 2665 anni di carcere.

 

Tutto inizia il 10 febbraio 1986.
È il traguardo più importante di Giovanni Falcone: ventidue mesi di udienze in un’aula bunker appositamente costruita in cemento armato e di dimensioni tali da poter contenere il gran numero di imputati e permettere ai giudici di lavorare in sicurezza.

Reti televisive da tutto il mondo riprendono le reazioni dei mafiosi dietro le sbarre e le urla di madri e mogli sugli spalti.

Le accuse ascritte agli imputati comprendono 120 omicidi, traffico di droga, estorsione e il reato di associazione mafiosa. Le prove più significative – pazientemente riscontrate – provengono dal collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta, catturato come latitante in Brasile due anni prima.

Il 16 dicembre del 1987 il presidente della Corte d’Assise, Alfonso Giordano, legge la sentenza che, incredibilmente, malgrado la mole del processo, arriva nei tempi stabiliti. Tutti – il giudice a latere Piero Grasso, il pubblico ministero Giuseppe Ayala, i giurati popolari, centinaia di avvocati – stanno in piedi per ore ad ascoltare il lungo elenco di condanne.

Il metodo Falcone riconosciuto a livello internazionale

Oltre 40 anni fa Giovanni Falcone capì che le mafie si accingevano a varcare i confini italiani e teorizzò l’importanza della cooperazione giudiziaria internazionale.

Nell’Ottobre 2020 a Vienna – durante la X Conferenza delle Parti sulla Convenzione ONU contro la criminalità transnazionale – sono stati adottati due documenti proposti dall’Italia, uno dei quali dedicato alla legacy di Giovanni Falcone, risoluzione approvata all’unanimità da 190 Paesi.

Nella risoluzione approvata a Vienna, frutto del prezioso lavoro del nostro Paese, sono recepite molte delle sue idee: dalla necessità di colpire i patrimoni illegali e di seguire i flussi di denaro al potenziamento della cooperazione giudiziaria internazionale, alla costituzione di pool investigativi comuni a più Stati che potrebbero essere decisivi nella lotta alle organizzazioni transnazionali di trafficanti di uomini.
Quello raggiunto alla Conferenza è un traguardo di cui essere orgogliosi”

Ciò afferma Maria Falcone, sorella del giudice e presidente della Fondazione che del magistrato porta il nome.

La sua morte come punto di partenza

La morte di Giovanni Falcone rappresenta paradossalmente l’inizio della fine per Cosa nostra.
Scossa dal tritolo di Capaci, Palermo si risveglia con una nuova consapevolezza e scende in piazza gridare forte il suo no alla mafia.
A questo punto lo Stato decide di fare sul serio nella lotta alle cosche, soprattutto dopo la morte del collega di Falcone, Paolo Borsellino, che avverrà solo 57 giorni dopo la scomparsa del primo.
Tutti i più grandi latitanti, tranne il boss Matteo Messina Denaro, sono in prigione e l’azione della magistratura e delle forze dell’ordine non si è mai fermata.

Nella società è certamente cresciuta e si è consolidata una coscienza anti-mafiosa. Un risorgimento civile che, però, deve essere tenuto vivo. Nella guerra allo Stato la mafia è pronta ad approfittare di ogni indecisione.
Per questo è fondamentale l’impegno delle istituzioni e, soprattutto, la vigilanza della società.
Spetta a tutti noi mantenere alto l’esempio lasciato da Giovanni Falcone e portare avanti la lezione di legalità e di amore per lo Stato che il magistrato ci ha lasciato.

Giovanni Falcone non si è mai sentito un eroe, ma solo un uomo dello Stato chiamato a fare il proprio dovere.

Abbandonato molto spesso dallo Stato stesso mentre era in vita, come spesso succede ai grandi uomini che combattono soli.

Contro il mito negativo dell’invincibilità di Cosa nostra diceva:

la mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà una fine”