Gianluca Vacchi in questi giorni è nuovamente balzato alle cronache grazie all’ uscita del documentario Mucho Màs su Amazon Prime Video.
Il ritratto che in questi giorni sta uscendo dell’imprenditore bolognese è quello di una persona che c’è l’ha fatta, che ha superato gli ostacoli della vita e che ha fatto fortuna grazie alla sua tenacia e alla sua lungimiranza imprenditoriale. Sarà davvero così?
Gianluca Vacchi: Biografia
Gianluca Vacchi nasce a Bologna il 5 Agosto 1967 da una ricca famiglia di industriali che sono alla guida, dal 1963, della società IMA (Industria Macchine Automatiche).
La società bolognese è un autentico colosso nel settore della progettazione delle macchine industriali e nello specifico nel processo di confezionamento di prodotti farmaceutici, alimentari, cosmetici, tabacco, tè e caffè.
Nell’azienda di famiglia Vacchi rimane fino ai 29 anni per poi iniziare la carriera imprenditoriale prima in ToyWatch (azienda che produce orologi di lusso) e Last Minute Tour (agenzia di viaggi online).
Arrivando ad oggi, invece, Mr. enjoy è a capo della società GV Life Style, oltre ad avere un posto nel consiglio della società di famiglia.
La narrativa italiana che celebra gli imprenditori
Viviamo oggi in un contesto sociale esplosivo, dove milioni di persone fanno fatica a trovare un impiego stabile ed anche i giovani formati accademicamente sembrano non trovare un posto in società.
In questo contesto negli ultimi mesi si sono susseguite diverse polemiche relative a dichiarazioni da parte di imprenditori che lamentano la scarsa voglia lavorativa degli italiani.
Ricordate Borghese che chiedeva lavoratori gratis? oppure Briatore che poco dopo ha sparato a zero sui giovani dicendo che preferiscono il reddito di cittadinanza? ultimo caso in ordine di tempo quello dell’imprenditrice Elisabetta Franchi, con dichiarazioni al limite riguardanti le donne e la maternità.
Questo ci porta ad una domanda fondamentale: Tutti questi imprenditori, che loro stessi e la stampa celebrano come “fatti da sè” lo sono stati davvero?
La risposta è no. Provengono tutti da famiglie ricche o comunque facenti parte dell’alta borghesia e quindi non hanno la reale percezione di cosa voglia dire fare sacrifici e partire da zero.
L’errore tutto italiano nel “raccontare” le storie di successo
In Italia abbiamo la tendenza ad esaltare storie che, nella realtà dei fatti, non hanno poi molto di eccezionale; abbiamo inflazionato il termine self made man riferendoci ad imprenditori che vengono finanziati dalle famiglie, da amici o da compagni.
Il caso Vacchi è emblematico, basti considerare che potrebbe anche decidere di non lavorare poichè viene stipendiato con 5 milioni di euro l’anno dalla società di famiglia. Si converrà che provare a fare l’imprenditore in questa situazione non è poi molto complesso.
Questa disamina non vuole essere in alcun modo un’offesa a questa tipologia di imprenditori che anzi, danno lavoro a diverse centinaia di persone; vuole porre però l’attenzione sulla pericolosità di alcune tipologie di narrative che possono creare modelli sbagliati.
Gli esempi all’estero: Steve Jobs, Mark Zuckerberg e Jeff Bezos sono diversi da Gianluca Vacchi?
Il mondo è pieno di persone che dal niente hanno creato un impero e sono dei veri e propri self – made man: pensiamo ad esempio a Steve Jobs, ideatore di Apple e Pixar; oppure a Mark Zuckerberg creatore di Meta o Jeff Bezos inventore di Amazon.
In un momento storico come questo potrebbe risultare quantomeno fuorviante far passare il messaggio che una personalità come Gianluca Vacchi sia arrivato al successo da solo, grazie al duro lavoro e ai sacrifici quando la realtà è esattamente opposta. Questo soprattutto oggi dove siamo bombardati da messaggi di successo e da persone che “ce l’hanno fatta”.
Non è un caso che i giovani si sentano sempre meno inclusi nella società, si sentano sempre più inadatti perché nonostante i loro sforzi non riescono a raggiungere quel successo che viene sbandierato loro davanti.
Questa tipologia di narrativa che celebra persone come Gianluca Vacchi rischia di far sentire inadatti milioni di ragazzi che di sforzi ne fanno tanti ma che, semplicemente, non arriveranno mai al successo di Mr. Enjoy non perché siano meno bravi, meno lungimiranti o abbiamo compiuto meno sforzi. Non ci arriveranno mai perché sono nati nella famiglia sbagliata.
Le personalità come Vacchi, Franchi o Borghese non hanno mai dovuto accettare contratti precari senza sapere come pagare l’affitto; non hanno mai dovuto accettare mansioni inferiori alle loro competenze per entrare nel mondo del lavoro; non hanno mai dovuto accettare situazioni lavorative vessatorie perché dovevano tenersi per forza quell’impiego altrimenti non sarebbero arrivati a fine mese.
In conclusione: Sì al racconto, no alla leggenda
Ben vengano gli imprenditori come Gianluca Vacchi, Borghese o Briatore; ben vengano anche i documentari generalisti sulle loro vite, sulle loro esperienze e sulle loro attività.
Quello che non va bene è alimentare la visione che chi non ce la fa non si è sacrificato abbastanza; che chi non accetta contratti di 12 ore al giorno 7/7 per 1.000 euro è un fannullone; che per iniziare bisogna lavorare gratis.
È molto facile farsi da soli ricevendo 5 milioni di euro all’anno per diritto di nascita. La cosa difficile è combattere ogni giorno per difendere i propri sogni e le proprie aspirazioni lavorative e sociali in un mondo che considera i sopra citati imprenditori come esempi da seguire.