Fuorisede: i numeri sulla fuga di cervelli

È sempre più comune e utilizzato il termine fuorisede, che, come tutti ben sappiamo, si riferisce agli studenti che scelgono di frequentare l’università in una regione diversa da quella di residenza.

Si è potuto riscontrare nell’anno accademico 2017/18 che il 27,4% degli iscritti frequentava un corso di laurea in una regione diversa da quella di residenza. Inoltre, si è potuto individuare che già a partire dal 2014 il tasso di crescita medio annuo è stato del 2,7%. All’interno degli studenti più propensi a cambiare domicilio per motivi universitari troviamo gli studenti delle lauree magistrali che nel 2017/18 rappresentavano circa il 36% degli iscritti ai corsi di laurea.

Quali sono le motivazioni?

Si presume che una delle principali motivazioni, dietro alle scelte dei figli nel cambiare domicilio durante il percorso universitario, derivi principalmente anche dal background familiare dei genitori. Le analisi che hanno portato ad una correlazione tra il fenomeno dei fuorisede e l’istruzione dei genitori, ciò ha portato inizialmente ad una separazione in due principali categorie di studenti: i primi, che rappresentano la maggioranza, sono gli studenti legati ancora al nucleo familiare, per vie economiche e coabitazione, la seconda tipologia invece rappresenta una categoria di giovani che possiedono una propria autonomia economica ed abitativa. In entrambe le categorie è stato riscontrato una documentazione che rileva che provenire da una famiglia con un elevato livello di scolarizzazione aumenta la probabilità di raggiungere un’istruzione terziaria. Solitamente tra gli iscritti universitari più di uno studente su quattro ha almeno un genitore con una laurea; invece gli studenti i cui genitori hanno conseguito al massimo la licenza di scuola media rappresentano il 21.3%.

Da dove vengono?

A partire dal 2018 si è potuto riscontrare un fenomeno di svuotamento del sud, con il 32%,   e del centro Italia, 20%,  per andare a studiare al nord in regioni come la Lombardia il Lazio, L’Emilia Romagna che accolgono da sole il 50% degli studenti universitari che decidono di intraprendere la carriera da fuorisede.

La situazione post-pandemia

Purtroppo, con l’avvento della pandemia la vita degli studenti fuorisede è stata stravolta nel giro di pochi anni. Dopo il disastroso blocco durante il lockdown del 2020, a partire dal 2021 una serie di atteggiamenti da parte degli studenti fuorisede sono stati decisamente inaspettati. La prima crisi è stata affrontata dal settore dell’immobiliare, dato che a partire dal 2021 è cambiata sia l’offerta sia la domanda di alloggi; tant’è che è particolarmente ostico trovare una sistemazione per gli studenti universitari, anche nei capoluoghi come Milano e Bologna.

Con l’improvvisa ripresa delle lezioni in presenza, il numero degli appartamenti disponibili era drasticamente diminuito o comunque l’offerta non coincideva più con le esigenze delle nuove generazioni di universitari. Si è passati da 7 studenti su 10 che chiedevano una stanza singola, fino ad arrivare ad un 10 su 10 nel post-pandemia; diciamo che la pandemia ha accelerato una trasformazione del mercato già in atto nei tempi precedenti ad essi, ossia l’eliminazione delle stanze doppie e triple.

Un altro dato inatteso della pandemia è stata l’inaspettata crescita sulle immatricolazioni negli atenei. I timori di una ricaduta negativa del Covid-19 sulle immatricolazioni c’erano, ma il sistema ha retto bene. I nuovi studenti sono 24.800, il 5% in più rispetto allo scorso anno. I numeri del post-laurea mostrano segni di miglioramento: nel 2020 il 69% di chi ha concluso il percorso universitario ha trovato occupazione a un anno dal titolo, contro il 66% dell’anno precedente.