Il 17 Dicembre 2020, il Parlamento francese ha approvato all’unanimità la legge per il ritorno di 27 manufatti africani agli Stati del Benin e del Senegal. Le opere d’arte andranno devono essere consegnate entro un anno.
Dopo aver osservato i manufatti conservati nel museo Quai Banly di Parigi, Emmanuel Macron ha affermato che “ai giovani africani non dovrebbe essere negato l’accesso alla propria storia” e, infatti, l’8 Novembre 2021 il presidente francese ha ricevuto a Parigi il Presidente del Benin, Patrice Talon, per finalizzare la restituzione di 26 opere dei tesori reali di Abomey trafugate dalle truppe francesi durante il periodo coloniale nel 1892.
L’iniziativa si configura come il primo rimpatrio permanente di oggetti saccheggiati dall’esercito francese, consacrandosi come un momento di rilevanza storica per entrambe le parti.
Il Ministro del Commercio Estero Franck Reister ha dichiarato che la restituzione di questi bottini di guerra mostra la volontà di rafforzare la cooperazione con i due paesi Africani.
Tornano oggi in #Benin 26 opere d'arte depredate dal #colonialismo francese#Francia #Macron #Cotonouhttps://t.co/04xyp19pxP
— @nigrizia (@nigrizia) November 10, 2021
IN COSA CONSISTE LA LEGGE
La legge entrata in vigore è composta da due articoli.
Il primo concerne la restituzione alla Repubblica del Benin di 26 reperti: si tratta del “Tesoro di Behanzin”, originariamente locato nel Palazzo Reale di Abomey.
Il secondo articolo, invece, prevede la riconsegna alla Repubblica del Senegal di una sciabola con fodero facente parte della collezione del Museo dell’Esercito di Parigi, ora esposta al Museo delle Civiltà Nere di Dakar, in quanto prestito di lunga durata.
Per le autorità beninesi, queste restituzioni non segnano tuttavia la fine di un processo, ma l’inizio di una nuova storia che deve eventualmente prendere forma con altre restituzioni.
José Pliya, capo della missione patrimonio e turismo della presidenza beninese, ha sostenuto: “Stiamo continuando a lavorare affinché, al di là dello sforzo iniziale di 26 pezzi, anche quelli che sono stati saccheggiati da altri soldati e quelli presi dagli amministratori coloniali siano discussi e inclusi nel progetto di restituzione. Insistiamo ancora su questa idea di restituzione”.
Già nel 2019, Etiopia, Chad e Costa d’Avorio hanno chiesto il rimpatrio di vari pezzi autoctoni presenti nelle collezioni nazionali francesi, quest’anno invece sono stati il Mali ed il Madagascar ad avanzare richiesta.
Ma ad ogni modo, il ministro della cultura francese, Roselyne Bachelot, ci tiene a precisare che in alcun modo le restituzioni a Benin e Senegal mettono in discussione il principio di inalienabilità del patrimonio statale.
E GLI ALTRI PAESI EUROPEI?
Quattro anni fa il presidente Emmanuel Macron aveva già promesso di restituire parte del patrimonio africano alla sua terra d’origine, incoraggiando anche altri paesi europei ad aderire all’iniziativa, tra cui la Germania.
Il governo di Angela Merkel nel 2018 ha espresso le sue linee guida in materia, non propriamente incoraggianti. La Germania ha dunque stabilito che verranno restituiti solo gli oggetti la cui raccolta “ha violato gli standard etici e legali vigenti all’epoca nella colonia” affermazione che lascia ampi margini per dire di no a molte richieste.
Infatti, non sarà restituito alla Tanzania lo scheletro del Brachiosaurus brancai recuperato nel 1909 e attualmente principale attrazione del Museo di Storia naturale di Berlino, in quanto lo scavo avvenne senza utilizzo di schiavi e gli operai furono pagati.
La Germania ha invece restituito al popolo Chugach dell’Alaska due maschere, un idolo di legno e una culla trovati nel 1880 dall’esploratore Jacobsen in alcune tombe.
Anche il Regno Unito quest’anno si è premurato di restituire alla Nigeria una statua di un galletto in bronzo saccheggiato durante l’era coloniale.
UN INCORAGGIANTE INIZIO?
Questi sono ancora piccoli passi, ma non si può negare che l’esempio potrebbe essere seguito da altri Paesi con un passato colonialista che, al pari della Francia, possiedono opere e manufatti extra-nazionali. Per citare alcuni esempi: i marmi di Elgin greci che si trovano all’interno del British Museum di Londra.
Lo stesso Benin è stato vittima di una razzia inglese che, oltre a causare uccisioni e mutilazioni, ha dislocato più di 4000 manufatti. Il Museo Reale belga detiene manufatti congolesi fabbricati migliaia di anni fa. Quasi 300 statue commemorative di legno appartenenti al gruppo etnico Mijikenda in Kenya sono state scovate in 19 musei americani.