Quella del popolo curdo è una storia a dir poco travagliata e senza pace. Da anni il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) e l’Unità di protezione popolare (YGP), le principali organizzazioni che supportano la nascita e l’indipendenza di uno stato curdo (il Kurdistan), si battono affinché la loro indipendenza e autonomia venga riconosciuta anche a livello internazionale.
Indipendenza che si è dovuta scontrare con un oppositore di rilievo, la Turchia. Erdogan non solo si è sempre rifiutato di riconoscere le richieste di autodeterminazione del popolo curdo ma, nel corso degli anni fino al giorno d’oggi, ha intrapreso una vera e propria guerra fatta di violenti attacchi e bombardamenti a tappeto che hanno provocato centinaia di migliaia di morti di esodati e di profughi, molti dei quali sono riusciti a trovare rifugio proprio in Svezia e Finlandia.
Solo negli ultimi mesi, la Turchia ha attaccato quasi incessantemente i curdi in Iraq e in Siria, anche ricorrendo – secondo alcune denunce – ad armi chimiche vietate. Si tratta di due dei paesi in cui è presente il gruppo etnico più esteso al mondo (40 milioni di persone) privo di un proprio territorio riconosciuto a livello internazionale.
Da quando si è iniziato a parlare di un possibile ingresso dei due Paesi scandinavi nell’alleanza atlantica, circa un paio di settimane dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin, la Turchia si è sempre detta contraria e dato che per poter invitare ufficialmente uno stato a far parte della Nato serve l’unanimità, lo stallo provocato dal “no” di Ankara rischiava di bloccare la situazione.
Lo stallo, naturalmente, era dovuto al fatto che la Turchia si rifiutava di andare incontro alle richieste dei due paesi che offrivano rifugio ai nemici curdi. Così, dopo settimane di tentativi falliti di mediazione, Svezia e Finlandia hanno ceduto alle richieste di Erdogan e si sono impegnate a modificare la loro legislazione, attuare una stretta sul PKK e sottoscrivere un accordo sulle estradizioni dei curdi ricercati in Turchia per terrorismo. Questa svolta apre di fatto la strada all’ingresso dei due paesi, storicamente neutrali, nell’alleanza atlantica.
Proprio il cambio di “status” dei due paesi (specialmente della Finlandia) da neutrali a schierati, ha fatto drizzare le antenne a Mosca che presto potrebbe ritrovarsi basi militari e missili americani a pochi kilometri dal loro confine.
Qualche giorno fa lo stesso Putin ha dichiarato che se ciò dovesse verificarsi, la Russia non starà a guardare e risponderà di conseguenza.
La Nato ha una regola interna che dice che non può entrare chi entrando mette a repentaglio la sicurezza degli altri membri. Le reazioni che sta suscitando l’ormai certo ingresso di Svezia e Finlandia, sembrano andare esattamente nella direzione opposta rispetto a questa regola.