Un report del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno monitora costantemente l’andamento degli omicidi volontari in Italia, con particolare attenzione ai femminicidi.
I femminicidi, infatti, non sono da ritenersi semplici omicidi volontari. Un femminicidio è la massima espressione della violenza di genere. Sono quei casi in cui l’uccisione di una donna è legata al suo ruolo di genere nella società, nella famiglia, nelle relazioni.
Le dinamiche in cui avviene il femminicidio ruotano attorno al concetto di potere. Le donne sono per gli assassini oggetti da possedere e nel momento in cui sentono di aver perso il controllo ed il possesso sulla donna, la uccidono.
Non per troppo amore, per gelosia, o per instabilità mentale. Esiste solo una motivazione, sempre la stessa: la volontà di annientare la donna che non si sottomette più al controllo dell’uomo.
I numeri sui femminicidi forniti dal Ministero dell’Interno
Il documento predisposto dal Ministero dell’Interno è disponibile settimanalmente, con aggiornamento costante del numero delle vittime in Italia.
Nel periodo dal primo gennaio 2022 al 26 giugno 2022, sono stati registrati 138 omicidi: 59 le vittime donne, di cui 51 uccise in ambito familiare/affettivo. Di queste 51, 31 sono state uccise per mano del partner o dell’ex partner. Un femminicidio ogni 3,4 giorni.
Rispetto allo stesso periodo del 2021, analizzando i dati raccolti, si nota un decremento del 2% dell’andamento generale degli omicidi volontari, ma un incremento delle vittime di sesso femminile (+5%).
Durante la pandemia sono aumentate le vittime di violenza, specialmente di quella domestica. Tra il 2020 ed il 2021 sono state 15.387 le donne che hanno iniziato un percorso di uscita dalla violenza (Fonte: Istat).
Solo nella settimana dal 20 al 26 giugno sono stati registrati 5 omicidi: 2 delle vittime erano di genere femminile e una è deceduta per mano del partner/ex partner.
Ciò che identifica i femminicidi è, quindi, la dinamica relazionale tra le parti.
La violenza di genere è un problema culturale
L’atto violento non avviene per un raptus improvviso, ma comprende un’escalation di violenze (psicologiche e/o fisiche) prima di sfociare in delitto. Un grosso problema, in questo caso, è dato dal fatto che molte donne non possono o non vogliono denunciare. E quando denunciano molto spesso restano comunque abbandonate a loro stesse.
Anche i media e l’informazione frenano il riconoscimento del problema dei femminicidi come problema culturale, a causa di una narrazione profondamente sbagliata che tende a romanticizzare l’atto.
Ma l’amore, come già detto, con il femminicidio non c’entra niente.
Si muore per il semplice fatto di essere donna. Di voler essere libera e autodeterminata. Si muore per una cultura che non riconosce questa autodeterminazione, ma che invece continua a perpetrare stereotipi che alimentano la violenza di genere.
Denunciare è il primo passo per evitare che la violenza sfoci in femminicidi: al numero 1522 la help-line h24
I motivi per cui non si denunciano violenze sono diversi: dalla paura della reazione violenta del partner, alla consapevolezza di iter burocratici troppo lunghi. Dalla paura di compromettere la famiglia, alla sfiducia nelle forze dell’Ordine per potersi sentire sicure dopo la denuncia.
Ma la prima difesa per uscire da una situazione violenta resta questa. In Italia è attivo un numero gratuito, 24h su 24h: il 1522 accoglie richieste di aiuto e fornisce sostegno, fisico e psicologico, alle vittime di violenza.
Un aiuto concreto per sostenere la fuoriuscita dalla violenza: Il Reddito di libertà
Non tutti sanno che esiste un sussidio per tutte quelle donne che vogliono intraprendere un percorso di uscita dalla violenza. Si chiama Reddito di libertà.
Il Reddito di libertà è un contributo economico di 400 euro al mese, erogato per massimo un anno, che può essere richiesto all’Inps. La richiesta può essere fatta da donne, con o senza figli, seguite dai centri antiviolenza riconosciuti dalle Regioni e dai servizi sociali nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza. Il fine è quello di aiutarle e contribuire a sostenerne l’autonomia, sia abitativa che personale, nonché per il percorso scolastico dei figli.
Se le donne sapessero che denunciando ci fosse la certezza di essere al sicuro, e potessero essere aiutate nell’indipendenza economica, sarebbe sicuramente una spinta in più a fare questo passo.
Bisogna puntare sempre più i riflettori su questo tema, per evitare che quel numero di femminicidi continui a crescere.
Donatella Miccoli, 38 anni;
Simona Michelangeli, 41 anni;
Rosa Alfieri, 23 anni;
Gabriela e Renata Trandafir, 47 e 22 anni;
Romina De Cesare, 36 anni;
Lorena Puppo, 50 anni;
Queste sono solo alcune delle vittime di questi mesi, vittime che sono cadute nel silenzio. Quando invece la violenza di genere dovrebbe fare un rumore assordante.