RIPERCORRIAMO LE TAPPE DEL CASO
CHI ERA EMANUELA ORLANDI
Emanuela Orlandi era una ragazza di 15 anni, cittadina vaticana, figlia di un funzionario del Vaticano, commesso alla Prefettura della casa pontificia. Il giorno della sua scomparsa Emanuela andò a lezione di musica, uscendo da scuola alle 18:45, una decina di minuti prima del solito. All’uscita telefonò a casa da una cabina del telefono dicendo che avrebbe tardato perché non arrivava l’autobus e che un uomo l’aveva fermata per strada proponendole un lavoro ben retribuito per conto di un’azienda di cosmetici. La proposta insospettì la sorella che aveva ricevuto la chiamata. Quella sera Emanuela non tornò a casa, e la famiglia ne denunciò la scomparsa.
L’IPOTESI SEQUESTRO LEGATO AD ALI AGCA
Come prima ipotesi gli inquirenti pensarono ad un sequestro legato all’attentato accaduto due anni prima a Papa Giovanni Paolo II. La famiglia Orlandi, infatti, ricevette le telefonate di un uomo che parlava con un forte accento anglosassone, soprannominato “l’Americano”, che, in cambio della liberazione della ragazza, chiese la scarcerazione del turco Ali Agca, l’attentatore del Papa. Non fu mai dimostrato che Orlandi fosse realmente sua prigioniera.
IL LEGAME CON LA BANDA DELLA MAGLIANA
Secondo quest’altra ipotesi, a rapire la ragazza sarebbe stato un commando di uomini del malavitoso Renatino De Pedis, capo della Banda della Magliana. Dalle testimonianze di Sabrina Minardi, ex amante del boss, risulta che il rapimento sarebbe avvenuto su ordine di monsignor Marcinkus, Presidente dell’Istituto opere religiose (Ior), che aveva voluto così mandare un messaggio a “qualcuno molto in alto”. Come ricompensa avrebbe concesso a De Pedis un sepolcro in Sant’Apollinare, in cui sono stati effettivamente ritrovati i resti. Nonostante le testimonianze rilasciate nel 2008, non è mai stato dimostrato il suo coinvolgimento diretto nel rapimento.
L’APERTURA DELLE TOMBE
Nel 2019 per la prima volta vengono avviate le indagini da parte del Vaticano, dopo l’arrivo al fratello di una lettera anonima che riportava: “cercate dove indica l’angelo” e accompagnata dalla foto di una scultura. Nelle tombe del Cimitero Teutonico indicate non furono ritrovate ossa, ma un passaggio che portava ad una stanzetta sotterranea completamente vuota. Di conseguenza nel 2020 il Vaticano scelse di archiviare le indagini.
LA LETTERA DI DICEMBRE 2022
Poche settimane fa, il 22 dicembre, Ali Agca, l’attentatore di Giovanni Paolo II, ha inviato una lettera al fratello di Emanuela scrivendo che: “il rapimento fu deciso dal Governo vaticano ed eseguito da uomini del Servizio segreto vaticano vicinissimi al Papa. Emanuela Orlandi era un fatto tutto vaticano ed é stata presa in consegna da alcune suore fin dall’inizio, ha compreso l’importanza del suo ruolo e lo ha accettato serenamente.”
Negli ultimi tempi la storia di Emanuela Orlandi è tornata sotto i riflettori dell’opinione pubblica dopo la messa in onda della docuserie “Vatican Girl: la scomparsa di Emanuela Orlandi” trasmessa da Netflix. Netflix ha deciso di realizzare un documentario con lo scopo di ripercorrere quanto successo attraverso testimonianze e ricostruzioni. La serie ha riscosso enorme successo, rimanendo per settimane tra le più viste dagli utenti della piattaforma.
Il fratello di Emanuela, Pietro, ha rilasciato alcune dichiarazioni dopo la morte di Ratzinger, dicendo che: “Io continuo a pensare che Ratzinger fosse a conoscenza dei fatti visto che all’epoca era pressappoco il braccio destro di Wojtyla. Eppure, non ha mai detto una parola di solidarietà su Emanuela, nonostante i tanti nostri appelli. Non ci ha mai ricevuto, in questa vicenda è stato un po’ pilatesco, nel senso che se ne è lavato le mani, io non sono mai riuscito ad avvicinarlo. Chissà che magari non abbia lasciato due righe per la famiglia, che arrivassero all’improvviso. Non si sa mai, magari”.