Dimmi che donna sei e ti dirò perché la società pensa tu sia sbagliata

In Italia per il 43% delle donne tra i 30 e i 69 anni l’impiego quotidiano non coincide con un mestiere tradizionale e retribuito. Il lavoro domestico e familiare svolto dalle casalinghe, invisibile perché non remunerato, non è per questo improduttivo. Parallelamente, esistono invece donne che decidono di dedicare il proprio quotidiano e la propria vita al lavoro.

Queste due realtà apparentemente disgiunte condividono però un’esperienza comune: l’essere nel mirino del giudizio della società, sempre pronta a condannare la mancanza di determinazione da una parte, e di istinto materno dall’altra.

Una donna casalinga non sa fare altro che badare a casa e famiglia.

Una donna che lavora otto ore al giorno, cinque giorni su sette, non è una brava madre o una buona moglie.

L’unico motivo per cui una donna riveste un ruolo di rilievo in azienda è il suo essere l’amante del capo.

Se una donna non ha accesso ad un ruolo di rilievo in azienda è perché non sei abbastanza in gamba.

Se una donna rinuncia a fare carriera per avere figli non è abbastanza ambiziosa.

Se una donna rinuncia ad essere madre per dedicarsi alla carriera non è degna del suo status di donna.

Se una donna fa spesso straordinari non ha cura dei propri figli.

Se una donna sceglie di lavorare part-time per dedicare più tempo alla famiglia ha poca voglia di lavorare.

Una donna che esprime la sua opinione in azienda dovrebbe imparare a stare al suo posto.

Una lavoratrice disciplinata e pacata non ha abbastanza carattere per fare carriera.

Una donna che parla di lavoro è noiosa.

Una donna che parla della sua vita domestica non è interessante.

Immagina di affrontare ogni giorno la tua vita lavorativa e privata con il peso di essere giudicata sia per quello che fai, che per quello che non fai. Immagina di sentirti divisa tra la necessità di realizzare te stessa, e la volontà di dedicare il tuo tempo alla vita privata.

Se ti guardi intorno, forse non ti è nemmeno necessario immaginarla quella vita. Forse, se sei una donna lavoratrice in Italia, la stai già vivendo.

Questa tendenza a voler conformare ciascuna donna al ruolo prestabilito di madre e a quello eccezionale di lavoratrice, si esaurirà solo nel momento in cui comprenderemo che il ruolo che una persona decide di rivestire all’interno di una società non dipende dal suo genere, ma soltanto dalla sua personale vocazione.