Donne e Afghanistan: viaggio nella storia del Paese

Le origini del rapporto donne-Afghanistan

L’Afghanistan è al centro dell’attenzione mediatica nel mondo per il ritorno al potere dei talebani e per le possibili conseguenze che ne deriveranno, soprattutto nell’ambito dei diritti delle donne. 

Storicamente il rapporto donne-Afghanistan è – ed è stato – molto critico. Ha attraversato momenti sia favorevoli che non, trascinandosi una storia fatta di tradizioni misogine, talvolta conquiste dei diritti da parte delle donne, fino ad arrivare ai periodi sotto il controllo di Mujaheddin e talebani.

L’influenza del territorio

L’Afghanistan, situato nel cuore dell’Asia, fa da ponte fra tre grandi regioni culturali: il subcontinente indiano a Sud-Est, l’Asia centrale a Nord e l’altopiano iranico a Ovest. Crocevia importante tra Estremo Oriente e Medio Oriente, il Paese confina con Turkmenistan, Uzbekistan e Tagikistan a Nord, a Ovest con l’Iran, a Est con il Pakistan e a Nord-Est con il Wakhan, territorio i cui confini vennero decisi da Inghilterra e Russia zarista con un trattato nel 1895.

Come altre società limitrofe, anche quella afgana ha alla base una cultura patriarcale, le cui donne spesso devono sacrificare la loro vita e salute per il Paese. Esse vivono in purdah, recluse nelle loro abitazioni, ed il loro compito è quello di occuparsi della famiglia. All’uomo, invece, spettano i contatti con il mondo esterno. Come ha affermato Daniela Colombo, presidente dell’AIDOS – Associazione Italiana Donne per lo sviluppo Onlus – “le donne in questa cultura non hanno diritto al sapere, che potrebbe indurre ad atteggiamenti di rivolta contro il padre e più tardi contro il marito”.

Verso uno stato più moderno

Con il regno del re Amanullah (1919-1929), vennero messe in atto delle riforme per una sostanziale modernizzazione del Paese, tra cui l’abolizione del matrimonio forzato ed un lieve avvicinamento della donna alla vita pubblica. I successivi regnanti furono più cauti, ma la chiave di volta avvenne tra il 1965 e il 1978. Nel 1964, infatti, venne esteso il diritto di voto alle donne afgane, mentre un anno più tardi vennero fondati il Partito Democratico del popolo afgano (PDPA) e l’Organizzazione Democratica delle donne afgane (DOAW) – entrambi movimenti che portavano avanti proposte per rendere l’Afghanistan più moderno e civilizzato, a partire proprio dal ruolo delle donne. Gli effetti si cominciarono a intravedere con l’elezione di quattro rappresentanti del DOAW in Parlamento.

La conquista dei diritti

Nel 1978 venne fondato il Consiglio delle donne e con la salita al potere del PDPA vennero concessi gli stessi diritti alle donne in ogni ambito. Inoltre, in linea con il programma dell’ex re Amanullah, si cercò di aumentare il livello di alfabetizzazione per le donne, rendendola obbligatoria per le bambine. Proprio per queste ragioni, il governo venne accusato di non rispettare la concezione tradizionale afgana, in cui le donne hanno un ruolo centrale nell’accudire i figli. Molti, convinti che l’onore della famiglia fosse a rischio, si rifugiarono nel vicino Pakistan. Nel 1979 l’Unione Sovietica invase l’Afghanistan e le donne, durante il periodo di controllo sovietico, mantennero i propri diritti accedendo, tra l’altro, a tutte le facoltà universitarie. 

Il rapporto turbolento nell’epoca dei Mujaheddin e dei talebani

In seguito al collasso dell’Unione Sovietica i Mujaheddin presero il potere nel 1992, e per le donne fu un enorme cambiamento: vennero escluse dai posti di lavoro, l’adulterio tornò punibile e fu obbligatorio prima indossare il velo e in seguito – dal 1996 – il burqa, capo d’abbigliamento usato per coprire tutto il corpo e il volto. 

Il periodo più difficile fu con il quinquennio talebano tra il 1996 e il 2001. Gli studenti coranici, ovvero i talebani, vollero ristabilire l’aspetto intransigente e discriminatorio nei confronti delle donne, mantenendo misure già precedentemente adottate e inserendone alcune di nuove, tra cui: l’obbligo di trascorrere il tempo nella propria casa, uscendo solo in presenza di un uomo, il divieto di praticare sport, di ridere, di frequentare la scuola e di guardare negli occhi l’uomo che non fosse parte della famiglia. Molte donne vissero con il terrore di essere frustate in pubblico, mentre altre furono uccise per adulterio. Il periodo talebano fu un periodo oscuro della storia dell’Afghanistan e soprattutto un passo indietro rispetto agli anni precedenti.

Il ritorno alla (quasi) normalità

Nel 2001 i talebani vennero temporaneamente sconfitti dalle forze della NATO, che erano intervenute per punire i probabili responsabili degli attacchi terroristici dell’11 settembre. Le donne tornarono dunque a vedere uno spiraglio di luce in cui i diritti vennero ripristinati: venne tolto l’obbligo del burqa e ricominciò per loro, non privo di difficoltà, anche il percorso scolastico. 

Tuttavia, la presenza di bande criminali, di talebani e di bande mafiose manteneva il Paese in una situazione ancora deficitaria. Inoltre, nel periodo 2001-2021 rimasero comunque diverse problematiche che affliggevano le donne, come riporta l’Osservatorio Afghanistan: “In Afghanistan il tasso di analfabetismo femminile si aggira attorno all’84 e l’87%. Tra il 60 e l’80% delle donne è costretta dalla famiglia a sposarsi contro il proprio volere. La violenza domestica è molto presente. Sul fronte lavorativo, al massimo le donne possono occuparsi di pulizie e cucito”.

Nel corso di questo tentativo di rinascita, alcune donne sono riuscite ad emergere, tra cui Zarifa Ghafari, eletta sindaco di Maidanshahr nel 2019, che si dimostrò molto combattiva contro le molestie da parte di alcune frange estremiste del Paese – sfuggendo anche a diversi tentativi di omicidio – e Fawzia Koofi, vicepresidente dell’Assemblea Nazionale dal 2005 al 2014, che si impegnò particolarmente per migliorare le infrastrutture della regione.

Promesse non mantenute e il ritorno dei talebani

Il 12 settembre 2020 a Doha iniziarono i trattati di pace tra i rappresentanti dei talebani e il governo afgano, evento che diede una vana speranza che ci fosse un’opposizione che potesse ostacolare i talebani. Il sogno viene infranto il 15 agosto 2021 quando gli studenti coranici, approfittando delle evacuazioni dei membri dell’Onu dal Paese, si riprendono la capitale Kabul, dando così inizio al nuovo Emirato Islamico dell’Afghanistan. Molte preoccupazioni si stanno sollevando, soprattutto per la condizione delle donne e, nonostante i rappresentanti del nuovo governo cerchino di rassicurare sul loro ruolo anche in sede governativa e sulla possibilità di non imporre il burqa, alcuni seguaci continuano ad abusare delle donne, ostacolandole nel lavoro e nell’ingresso nelle istituzioni.Il rapporto donna-Afghanistan è il simbolo di un paese dilaniato da contrasti, scelte sbagliate, ritorni drammatici e l’abbandono di promesse che hanno illuso intere generazioni. Fino a quando alle donne non verranno riconosciuti i loro diritti, l’Afghanistan sarà destinato ad essere sempre un Paese di eterni conflitto e contraddizioni.