Il 4 novembre 2020 è stato approvato alla Camera dei deputati il disegno di legge Zan. Prende il nome dal deputato relatore del testo, Alessandro Zan, esponente del Partito Democratico e attivista della comunità LGBTQIA+.
Nell’ultimo periodo si è discusso molto del fatto che, nonostante siano passati mesi, non sia stato ancora discusso dalla commissione di giustizia del Senato, composta in buona parte da esponenti di destra.
Il ddl Zan, composto di dieci articoli, propone degli emendamenti all’attuale normativa italiana al fine di contrastare l’omotransfobia, la misoginia e l’abilismo. Vengono introdotte le definizioni di: sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere e si propongono modifiche all’articolo 604-bis del Codice penale, per introdurre un’aggravante per le discriminazioni di questo genere. Include delle modifiche ai decreti-legge che regolano i fondi per le cosiddette “politiche per le pari opportunità” e la formazione di centri di assistenza contro le discriminazioni. A partire dalle informazioni che queste strutture saranno in grado di dare, sarà possibile elaborare dei piani di prevenzione che dovrebbero permettere il miglioramento delle condizioni in cui versano queste persone e un monitoraggio costante.
L’articolo 7, uno dei più contestati, riguarda l’istituzione del 17 maggio come Giornata nazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia. Le amministrazioni pubbliche e gli istituti scolastici organizzeranno delle iniziative informative ed educative per la prevenzione delle discriminazioni. Tale introduzione nelle scuole, secondo alcuni, potrebbe “deviare” i bambini.
L’opposizione di molti deriva dalla credenza secondo la quale non potranno più esprimere le loro idee liberamente, ma ciò non viene contemplato nel disegno di legge. La pluralità di opinioni sarà garantita, come in ogni democrazia, l’importante è che questa non sfoci in atti di discriminazione e violenza.