“Dovremmo puntare gli occhi sulla Cina – disse Jon Avnet, produttore cinematografico e regista – dove stanno succedendo cose di cui la gente dovrebbe essere a conoscenza”. Avvertimento che risulta più attuale che mai, soprattutto per quanto concerne il campo dei diritti umani.
Sebbene in gran parte dei paesi sviluppati la comunità LGBTQ+ ha registrato, negli ultimi anni, molte vittorie e conquiste – sia sul piano giuridico che culturale – non si può dire lo stesso per una delle potenze più influenti a livello mondiale: la Cina.
È notizia di quest’estate il fatto che l’Università di Shangai ha richiesto la lista degli studenti LGBTQ+ dell’ateneo, invitando così i docenti a ricercare e investigare per “trovare informazioni sulle loro condizioni psicologiche“. L’evento ha fatto il giro del mondo provocando sdegno a livello internazionale, spingendo l’università in questione a fare un passo indietro – almeno formalmente – eliminando il post contenente la direttiva incriminata.
Inoltre, con una nota dell’Amministrazione Statale per la Radio, il Cinema e la Televisione Radio, il governo cinese ha deciso di censurare i talent show e gli artisti ritenuti “effemminati” in quanto promotori di una “cultura immorale tra i giovani”.
La complessa gestione delle minoranze sessuali in Cina, in particolare di quella omosessuale, trova le sue radici giuridiche già nella dinastia Song del XII secolo. Secoli dopo, la legge sul matrimonio del 10 settembre del 1980 definì valida solo l’unione tra un uomo e una donna. Il primo bagliore di libertà appare solo nel 1997, quando l’omosessualità venne decriminalizzata e successivamente tolta dal Chinese Classification and Diagnostic Criteria of Mental Disorders.
Tra i tanti eventi discriminatori della comunità Lgbtqia+ vi è la chiusura dello Shangai Pride nel 2019 o la censura di siti LGBTQ+, come ad esempio Weibo.
Dal 2003 ad oggi il dibattito sul matrimonio tra persone dello stesso sesso è ancora in corso, ma ha trovato una prima svolta nel caso di Sun Wenlin e Hu Mingliang, i quali hanno fatto ricorso contro il divieto di sposarsi, e per la prima volta la corte di Changsha ha deciso di ascoltarli; scatenando reazioni contrastanti di parenti, amici e media.
Tutto questo è emblematico di una nazione che politicamente si trova al vertice delle potenze mondiali, ma che di fatto ha vissuto un’evoluzione culturale caratterizzata da lunghi secoli di autoisolamento e di rifiuto dell’influenza di altri popoli.
Quanto reggerà questo paradosso di una Nazione così centrale a livello globale, ma che si ostina a portare avanti mentalità anacronistiche e irrispettose dei diritti umani?