Emergenza mobilità cittadina: ieri un’altra ciclista vittima a Milano

«Basta morti in strada». L’hanno ripetuto nella giornata di ieri i partecipanti al presidio in piazza Medaglie d’Oro a Milano, organizzato per far riflettere sulla morte di Francesca Quaglia, giovane donna rimasta vittima dell’avanzamento di un camion al semaforo, mentre si stava recando sul posto di lavoro in bicicletta. «Siamo qui per testimoniare il nostro smarrimento: non abbiamo più le parole o le lacrime per dire quanto siamo terrorizzati dalla possibilità di morire mentre ci spostiamo con la bici in città», commenta Alberto Gianera, attivista del movimento “Città delle persone”, tra gli organizzatori della manifestazione.

La cultura dell’odio verso i ciclisti

Ma le polemiche in direzione opposta non mancano. A cosa è dovuto l’odio diffuso verso la figura del ciclista sulle strade? L’unica cosa che dovremmo detestare è la mancanza di ambienti e infrastrutture adatti ad accogliere la mobilità cittadina su due ruote. Non i ciclisti che spesso ne rimangono vittima.

Le città sono evolute e stanno ancora evolvendo. Da una parte, la necessità di sviluppare infrastrutture per i trasporti su larga scala, che possano permettere la comunicazione con vaste aree. Dall’altra, il bisogno di potenziare il sistema della “città a 15 minuti”, studiato per permettere una viabilità alternativa ai mezzi a motore, troppo spesso prede del traffico e della mancanza di sufficienti spazi adibiti al parcheggio.

«La città è grande e complessa, con una mobilità ancora purtroppo, a mio modo di vedere, imperniata sui veicoli privati. I conflitti tra questi ultimi e le biciclette oggi sono ancora evidenti. Su questo credo che si debba lavorare molto, non soltanto noi ma anche altri enti, anche a livello legislativo. Noi stiamo cercando di fare il possibile»

Giancarlo Tancredi, assessore alla Rigenerazione urbana del Comune di Milano

A differenza di altri Paesi, in Italia la cultura dell’auto prevale ancora sulla tutela del ciclista. Gli incidenti mortali che coinvolgono ciclisti rappresentano un problema sistemico sulle strade italiane, e ne rimane vittima chi prova a vivere la propria città una pedalata alla volta, per mancanza di spazi adeguati e di ritmi frenetici.

«Gli automobilisti italiani o non sanno guidare o odiano i ciclisti. O entrambe le cose. Dopo l’ennesima morte bisognerebbe prendere provvedimenti per i mezzi pesanti»

Linus

L’incidente

La convivenza tra le due concezioni urbanistiche genera caos. E dal caos al giorno d’oggi a Milano e altrove, si generano ancora vittime. Francesca, 28 anni, ieri ha perso la vita a Milano, travolta da un camion allo scattare del verde del semaforo. È la quinta vittima dall’inizio dell’anno: tutte travolte per colpa del maledetto “angolo cieco” che interessa i mezzi pesanti che attraversano le nostre città. Dato l’elevato numero di incidenti, dal 1° ottobre a Milano sarà vietata la circolazione in Area B ai mezzi pesanti sprovvisti di sensori per l’angolo cieco.

Il grido d’aiuto che i cittadini lanciano da ormai anni non deve meritarsi solo sporadica attenzione, o peggio cadere nel vuoto. Finché non ci saranno i presupposti per una rivoluzione della concezione urbanistica che ancora oggi prevale, auto e ciclisti non potranno vivere una serena convivenza. Il prezzo di questa incompatibilità risulta però troppo alto se a ridestare l’attenzione sul tema è il sacrificio di una vita umana.