L’avvento dei popolari software di intelligenza artificiale (IA) come ChatGpt di OpenAI e Bard di Google ha rivoluzionato il modo in cui interagiamo con la tecnologia. Tuttavia, l’enorme successo di queste soluzioni ha portato ad un consumo di energia considerevole e alla necessità di grandi data center per supportarne l’elaborazione. Questa crescente richiesta energetica ha conseguenze significative sul consumo d’acqua, in quanto il raffreddamento di tali strutture richiede una quantità spropositata di acqua dolce.
L’Impronta Idrica dei Software di Intelligenza Artificiale
Uno studio condotto dall’Università del Colorado Riverside e dall’Università del Texas di Arlington ha fornito dati allarmanti sull’impronta idrica dei software di intelligenza artificiale. Ad esempio, l’addestramento del modello ChatGpt-3 ha richiesto il consumo di ben 700.000 litri di acqua dolce per il raffreddamento del data center. Questo quantitativo sarebbe sufficiente per produrre 370 auto BMW o 320 Tesla. Inoltre, il semplice scambio di conversazioni di un utente medio con ChatGpt è equivalente al consumo di una bottiglia d’acqua.
Impatto Ambientale e Siccità
Con la crescente popolarità dei chatbot e dei software di IA, gli esperti si preoccupano dell’impatto ambientale di queste tecnologie. Le forniture idriche sono sempre più minacciate dalla crescente siccità e da problemi ambientali correlati. Il consumo di enormi quantità di acqua dolce per il raffreddamento dei data center dei software di IA contribuisce ulteriormente a questa pressione sulle risorse idriche.
Problemi Futuri con Modelli Più Avanzati
Con l’introduzione di modelli di IA più avanzati, come il futuro Gpt-4, ci si aspetta un ulteriore aumento dei consumi idrici. I nuovi modelli si basano su un vasto insieme di dati e richiedono una maggiore elaborazione, il che si traduce in un uso ancora più significativo di energia e di acqua. È essenziale affrontare questo problema prima che diventi incontrollabile.
Google e il Consumo di Acqua
Non sono solo i modelli di OpenAI a causare problemi di consumo idrico. Anche Google, con i suoi enormi data center negli Stati Uniti, contribuisce in modo significativo all’impronta idrica. Nel 2021, i data center di Google hanno consumato complessivamente 12,7 miliardi di litri di acqua dolce, di cui circa il 90% era acqua potabile. L’impronta idrica di queste tecnologie è preoccupante, poiché minaccia le nostre preziose risorse idriche e contribuisce ai problemi di siccità e cambiamenti climatici. Affrontare questi problemi richiederà una collaborazione tra l’industria tecnologica, la comunità scientifica e i governi. Solo attraverso sforzi collettivi possiamo sviluppare soluzioni sostenibili per garantire un futuro migliore per il nostro pianeta.