Arabia Saudita: donna condannata a 34 anni di carcere per dei Tweet

Condannata a 34 anni di carcere per aver condiviso sul suo profilo Twitter appelli in favore dei diritti delle donne e articoli di attivisti ostili al regime: è stata questa la sorte della 34enne saudita, madre di due figli, Salma al-Shehab, una volta rientrata nel suo Paese dall’Inghilterra – in cui stava svolgendo un dottorato di ricerca presso l’Università di Leeds.

Le accuse e la sentenza

La notizia non è stata diffusa dai media locali, ma è stata riportata dall’organizzazione saudita per la difesa dei diritti umani Freedom Initiative, con sede a Washington e specializzata in Medio Oriente. Questa, ha definito la sentenza di detenzione come la più dura contro un’attivista per i diritti delle donne nel regno del cosiddetto ‘rinascimento arabo’ del Principe Mohamed Bin-Salman.

Infatti, la donna, arrestata nel gennaio 2021, è stata inizialmente condannata a sei anni di carcere con le accuse di minaccia all’ordine pubblico e destabilizzazione della sicurezza e dell’equilibrio dello Stato. La sua sentenza è stata poi estesa, lo scorso 15 agosto in appello in Tribunale, a 34 anni – con l’aggiunta di un divieto di espatrio per ulteriori 34 anni dopo la fine del periodo di prigionia.

La situazione in Arabia Saudita

Al-Shehab appartiene ad una minoranza sciita, tradizionalmente discriminata in Arabia Saudita. La situazione si è particolarmente aggravata a seguito della salita al governo del Principe Mohamed Bin-Salman – noto come Mbs –, che di fatto guida il Paese al posto dell’anziano padre, Re Salman.

Nonostante i tentativi di proiettare un’immagine moderna e riformista del Paese all’estero, senza dimenticare l’incontro con il Presidente statunitense Joe Biden, tenuto il mese scorso a Gedda, il regime di Mbs si è dimostrato estremamente duro contro le proteste femministe per i diritti delle donne. Non a caso, tra il 2018 e il 2019, il numero degli arresti di attiviste donne è esponenzialmente aumentato.

L’Arabia Saudita si è vantata agli occhi del mondo di fare passi avanti sui diritti delle donne e di promuovere una riforma legale”, ha detto Bethany Al-Haidari, attivista statunitense-saudita e responsabile per il Paese per la Freedom Initiative. “Ma con questa sentenza abominevole non c’è dubbio che la situazione stia solo peggiorando. Purtroppo, non sorprende che Mbs si senta più autorizzato che mai a coprire violazioni dei diritti così eclatanti”.

Chi è Salma

Salma al-Shehab non è un’attivista particolarmente nota. Il suo profilo Twitter è seguito da circa tremila persone. I contenuti personali e le foto della sua famiglia si alternano ad appelli per la liberazione di militanti femministe detenute dal regime. In particolare, questi si concentrano su Loujain al-Hathloul, una dissidente imprigionata per più di mille giorni e rilasciata nel febbraio del 2021. Una conoscente di al-Shehab ha raccontato che la donna non tollerava le ingiustizie e che per questo amava condividere sui social le storie dei disertori politici sauditi.

Hala Dosari, attivista e studiosa dell’Arabia Saudita da anni rifugiata negli Stati Uniti, così si esprime in merito “Quello che è accaduto è irrazionale, straziante e disastroso per lei e per le centinaia di donne detenute con accuse simili di sostegno ai diritti”.