Lo spreco alimentare in Italia, dal 2000 al 2017, corrisponde a oltre 270 milioni di tonnellate di cibo, il peggiore tra le nazioni dell’Unione Europea. Ad attestarlo i dati elaborati dal Centro Comune di Ricerca (JRC) della Commissione europea
Spreco alimentare: un problema mondiale
Ogni anno un terzo della quantità totale di cibo prodotto a livello globale viene perso o inutilizzato. Un numero corrispondente a ben 1,6 miliardi di tonnellate. Un valore che, con il passare del tempo, invece che diminuire aumenta: la previsione per il 2030 supera infatti le 2 miliardi di tonnellate di cibo sprecato.
Il tipo di spreco alimentare si differenzia in base al Paese in considerazione. Infatti, i Paesi in via di sviluppo tendono a concentrare lo spreco nella prima fase, specialmente dopo la raccolta, a causa di tecnologie poco sviluppate e di condizioni climatiche che non permettono una corretta coltivazione.
Per i Paesi sviluppati avviene, invece, il contrario. Lo spreco alimentare si concentra nella distribuzione e consumo, ovvero le fasi finali della filiera. Questo perché nei Paesi caratterizzati da un’economia stabile, le quantità di cibo sono sempre più abbondanti e i consumatori sempre più selettivi, perciò il rapporto domanda/offerta non sempre è in equilibrio.
La situazione in Italia, il Paese del “buon cibo”
Nel nostro Paese la situazione è tutt’altro che positiva. Il rapporto pubblicato dal Waste Watcher International Observatory on Food and Sustainability ha stabilito che, dopo due anni di pandemia in cui lo spreco alimentare aveva subito un calo, oggi quest’ultimo è risalito del 15%.
In particolare, un italiano non consuma – e quindi getta – circa 595 grammi di cibo a settimana, per un totale di 31 chilogrammi l’anno.
Nella classifica degli alimenti sprecati con maggiore frequenza svetta la frutta fresca (27%), seguita da cipolle, aglio e tuberi (17%), pane fresco (16%), verdure (16%) e insalata (15%). Chi spreca di più sono le famiglie senza figli (+12%): + 18% al Sud mentre la situazione migliora al Nord (-12%) e nelle famiglie con figli (-10%).
Gli effetti negativi dello spreco non si riscontrano solo sull’aspetto economico – considerato la conseguenza più grave da oltre 8 italiani su 10 – ma anche sull’effetto diseducativo per i giovani (83%), sull’immoralità dello spreco alimentare (80%) e delle risorse (78%) e sull’inquinamento ambientale (76%).
Perché sprechiamo così tanto e come migliorare
Il 47% degli italiani ammette di scordare spesso il cibo acquistato. Il 46% sostiene che il cibo, reduce dal frigorifero dei negozi, a casa è deperito in fretta. Il 30% confessa di calcolare male la quantità di cibo che serve in casa, ma il 33% confessa di essere preoccupato di non averne abbastanza e quindi di esagerare negli acquisti.
Per cercare di migliorare la situazione, le famiglie chiedono in primis di potenziare l’educazione alimentare, a partire dalle scuole. L’83% degli italiani, poi, chiede di migliorare le indicazioni sulle etichette, mentre il 72% preferirebbe confezioni più piccole. Il 54% è favorevole a tassazioni sulla base di una sorta di “sprecometro”.
Esistono metodi più pratici per far fronte a questa problematica, come ad esempio l’utilizzo delle doggy bag – metodo utilizzato da circa 4 italiani su 10 che non riescono a finire un pasto nei luoghi di ristorazione. Un’altra soluzione è data da specifiche App come Too Good To Go, che permettono di acquistare a prezzi scontatissimi delle box di cibo provenienti da ristoranti, bar e negozi di alimentari, che a fine giornata andrebbero buttati, poiché rimasti invenduti.
Infine, in chiave di consumo, l’86% degli italiani previene lo spreco partendo dal cibo più deperibile e valutando le quantità prima di cucinare. Inoltre, l’85% testa personalmente gli alimenti scaduti da poco, prima di gettare il cibo.