AFI vs Rai

AFI contro Rai, mancati pagamenti per 5 milioni di euro

AFI – Associazione Fonografici Italiani ha presentato un ricorso per decreto ingiuntivo nei confronti della Rai per un presunto mancato pagamento da parte del servizio pubblico di diritti musicali per oltre 5 milioni di euro.

Il provvedimento, ha spiegato AFI in una nota, segue “un opportuno approfondimento rispetto al repertorio gestito e utilizzato all’interno dei programmi Rai”, per mezzo del quale “l’Associazione ha rilevato gravi inadempienze e anomalie nel sistema di pagamento della tv pubblica nei confronti dei produttori discografici, che hanno spinto l’Associazione a cercare un’interlocuzione risolutoria con i vertici dell’azienda”.

La dichiarazione di Sergio Cerruti, presidente AFI

Il presidente di AFI e Vice Presidente di Confindustria Cultura Sergio Cerruti si è lasciato andare a una lunga dichiarazione in cui, per raccontare la faccenda, ha motivato le sue accuse spiegando anche di aver trovato porte chiuse da parte della Rai. La TV di Stato, dunque, a detta di Cerruti non ha alcuna intenzione di collaborare con AFI per risolvere in maniera rapida e indolore l’annosa questione dei mancati pagamenti:

A seguito di una nostra indagine interna abbiamo rilevato gravi inadempienze da parte della tv di Stato. Spero che in questo periodo di cambiamento anche politico ci sia qualcuno disposto a difendere e tutelare i diritti dei lavoratori del mio settore esattamente come succede per tutti gli altri segmenti industriali

È l’ennesima vicenda in pieno stile italiano che ricorda, se mai ce ne fosse stato ancora bisogno, che lo Stato ha perso il controllo di un’altra delle sue Concessionarie.

All’interno della Rai si sono formate, infatti, sacche di resistenza che operano in maniera arbitraria e totalmente indisturbate, a discapito non solo dei produttori discografici (oltre che degli artisti, degli autori e delle loro delle imprese di riferimento), ma anche dei contribuenti, costretti al pagamento di un canone che finanzia un sistema sleale

La nostra volontà era quella di trovare insieme una rapida soluzione, riconoscendo la comune provenienza industriale delle due realtà.

Nonostante le diverse comunicazioni e richieste di incontro inoltrate agli organi dirigenziali dell’azienda oltre che al Consiglio di Amministrazione e all’AD Fuortes, nulla ci è stato concesso, se non la conferma che la Rai è alla stregua di un partito politico, fatto di pochi leader al comando che, contrariamente alle inclinazioni del periodo, non accettano nessuna forma di coalizione o cooperazione, neanche con coloro che producono parte dei suoi contenuti.

Una tendenza che risulta ancora più assurda se valutata sotto il profilo della duplice provenienze e appartenenza delle due realtà al sistema confindustriale. Siamo di fronte al fallimento di fatto di tutti i canali, pubblici e privati, nati con lo scopo di garantire un dialogo e una cooperazione tra imprese (dalla politica a Confindustria), a causa della mancata volontà di alcuni di onorare il proprio ruolo facendo in modo che a prevalere fossero gli interessi di parte e non il ‘sistema Paese’

È alquanto sconsigliato contrapporsi alla Rai per chi, come me, ha fatto della musica il proprio lavoro. Sin dal primo giorno in cui ho intrapreso questo ruolo l’ho interpretato con spirito di servizio e senso di responsabilità, due aspetti spesso assenti in un settore che registra un ritardo strutturale di oltre 20 anni, le cui cause sicuramente vanno ricercate anche nei sistemi gestionali degli addetti ai lavori.

Per questo non mi risparmierò nel combattere ogni ingiustizia proveniente dalla Tv pubblica, nella speranza che in questo periodo di cambiamento anche politico ci sia qualcuno disposto a difendere e tutelare i diritti dei lavoratori dell’industria musicale esattamente come succede per tutti gli altri segmenti industriali.

Il mio augurio è che la Rai voglia chiarire tutto e riconoscere ai miei associati quanto gli è stato tolto, spiegando che l’intera vicenda è ‘frutto’ di un ennesimo caso di malagestione e di disorganizzazione interna di un’azienda che, da decenni, è alla ricerca di se stessa ma che, come troppo spesso accade, non riesce a (ri)trovarsi.

La risposta della Rai

La TV di Stato, con una nota pubblicata dall’ufficio stampa, ha replicato alle accuse da parte di AFI e del presidente Sergio Cerruti definendole infondate e ha espresso la volontà di andare fino in fondo per risolvere la questione, mostrandosi disponibile a riaprire un dialogo con l’Associazione. Per difendersi, la Rai ha rispedito al mittente le accuse constatando che le accuse da parte di Associazione Fonografici Italiani e del suo presidente Cerruti siano del tutto in malafede:

La Rai ha appreso con sorpresa delle dichiarazioni rese da AFI all’interno dell’articolo pubblicato su il Fatto Quotidiano il 4 settembre scorso nonché nella propria nota ripresa da alcuni organi di stampa in data 5 settembre, in cui si accusa sostanzialmente il servizio pubblico di non pagare i diritti agli artisti e agli autori musicali.

Accuse infondate e che ignorano, volutamente, di menzionare i milioni di euro che la Rai riconosce agli autori e agli artisti ogni anno e alle associazioni che li rappresentano. Le esternazioni di AFI riguardano del resto una vicenda che non ha niente a che vedere con l’impegno di Rai a sostegno della produzione musicale italiana anzi lo conferma ancora di più.

La Rai ha infatti fin da subito preso in carico le richieste di AFI e di fronte alle non poche difficoltà incontrate nel ricostruire i fatti, anche in ragione del numero delle rivendicazioni (migliaia) e degli anni passati (talvolta più di 12), ha dato piena ed immediata disponibilità a fornire chiarimenti e ad avviare un tavolo tecnico che consentisse di risolvere le questioni pendenti.

L’impegno profuso da Rai e la sua buona fede sono ancora più evidenti se si considera che le contestazioni di AFI sono pervenute dopo che quest’ultima aveva – anche formalmente – riconosciuto in più occasioni la correttezza dell’operato di Rai, salvo poi cambiare idea e formulare migliaia di disorganiche rivendicazioni che, è necessario precisare, nella quasi totalità dei casi riguardano musiche facenti capo alla medesima società.

Le condotte di AFI, e da ultimo la decisione – appresa dalla stampa – di avviare un ricorso per decreto ingiuntivo a fronte di una fattura unilateralmente emessa nei giorni scorsi, ignorando le richieste di chiarimenti tempestivamente inoltrate da Rai, dimostrano l’assenza di quella collaborazione e correttezza che per legge dovrebbero improntare l’operato delle società di gestione collettiva e in relazione alle quali la Rai ha già incaricato i propri legali di avviare le iniziative più opportune.

La Rai rimane comunque disponibile a continuare le proprie discussioni con AFI, certa che le questioni tecniche possano essere risolte molto più rapidamente coltivando un dialogo improntato a buona fede piuttosto che nelle aule dei tribunali.